Ci sono, lo sappiamo. Certo possiamo fingere di non vederli. Di passare oltre, voltare la faccia dall’altra parte, cambiare marciapiede, evitare di frequentare le periferie. Possiamo continuare a credere – fa comodo – che la miseria in cui si dimena tanta gente sia il frutto di stili di vita sbagliati o di pigrizia. Serve? Serve solo a spostare il problema, non a risolverlo. Scrivo questo articolo dopo aver chiesto al Signore la grazia di non essere frainteso. Ultimi giorni di Avvento, anche noi ci prepariamo a celebrare la nascita di Gesù. In Chiesa le cose vanno abbastanza bene. La preghiera non manca, le messe sono frequentate, il ritiro è stato fatto, i bambini al catechismo vengono volentieri. La 'chiesa tra le case', però, deve entrare nelle case.
Paolo ha 40 anni, ha sempre lavorato. È un uomo robusto, orgoglioso, tutto d’un pezzo. MI ferma per la strada: «Stavo venendo proprio da lei, padre. Da maggio sono senza lavoro. Sono disposto a fare qualsiasi cosa. Il mio ultimo bambino ha 4 anni, ieri mi ha chiesto un giocattolo. Non ho potuto comprarglielo. Ha pianto, mi ha domandato perché non gli voglio bene...». Ascolto a testa bassa. Mortificato, umiliato, incapace di dare una risposta. Che deve fare un parroco? Dove andare? A quale porta bussare? Davanti a chi umiliarsi? Chi deve raccogliere il gemito di questa povera gente? Poco distante da noi alcuni giovani sono intenti allo spaccio della droga. A modo loro ' lavorano', portano il pane a casa. Ricordo mio padre quando ci parlava della fame patita durante la seconda guerra mondiale. Si moriva. Letteralmente. E i maschi si ' arrangiavano' in qualche modo per sfamare i bambini e i vecchi. A quei tempi si poteva fare. Oggi è più difficile. Ogni lavoro inventato alla buona finisce con l’essere illegale. Che deve fare Paolo? Non lo so. Lo lascio con la paura che la sirena, a pochi passi da casa sua, un giorno o l’altro possa ammaliarlo con le sue canzoni. Vorrei legarlo come Ulisse per non lasciarlo fagocitare dal loro richiamo.
Resta la domanda angosciante: che fare? Si tenta di tamponare in qualche modo. Non per risolvere il problema ma per non dare alla disperazione il diritto di cittadinanza. Mario, invece, non si rassegnò e a modo suo, cercò di reagire, raccogliendo e rivendendo ferro vecchio. Illegalmente. Per farlo gli serviva un motorino. Un conoscente gliene fece avere uno, rubato, per 50 euro. Fermato dai carabinieri, si beccò due anni di carcere. Era già malato, in galera si è aggravato. Adesso è ai domiciliari. Non ha ancora 50 anni. La casa è fredda e lui tanto malato e malandato.
A queste persone lo Stato deve dare una risposta. È suo dovere. Verso di loro ha una responsabilità che non può delegare al buon cuore della gente. Questi fratelli ci sono. Lo Stato, la regione, il comune, i servizi sociali lo sanno. Sanno bene che in questi enormi e brutti casermoni senza volto vivono e sopravvivono migliaia di persone create a immagine di Dio. Non è giusto, non è onesto essere invasi dalle telecamere per il deplorevole stupro e la terrificante morte della piccola Fortuna, scaraventata dall’ottavo piano, inorridire e poi lasciare senza elettricità decine di coetanei di Fortuna perché i genitori non ce la fanno a pagare la bolletta. È semplicemente vergognoso per lo Stato scagliare strali contro i quartieri degradati, nei quali la camorra trova manodopera a basso prezzo, per poi ignorarli e lasciare sola la parrocchia farsi carico delle esigenze più elementari dei minori a rischio. Agli italiani onesti che conservano nel cuore la sete di giustizia e la capacità di amare chiedo, a nome di tutti i bambini di tutte le periferie povere e abbandonate di amplificare la loro voce perché arrivi all’interno dei palazzi del potere. Perché la politica la smetta di fare scelte scellerate che continuano a produrre ' scarti'. Che deve fare Paolo? Anche da un punto di vista morale, qual è il male minore? Lasciare i propri figli morire di fame, trascinarli nei cartoni sotto i ponti o in qualche modo 'arrangiarsi' illegalmente? La domanda ci fa male, lo so bene. Proprio per questo attende una risposta.