Quella del 2016 sarà ricordata anche come una vigilia di Natale all’insegna del dolore e dell’angoscia. Gli occhi del mondo sono puntati su Aleppo, la martoriata città siriana che sta vivendo il peggior momento della sua millenaria storia. Sembra che la macchina della diplomazia internazionale sia inceppata e incapace di garantire il rispetto dei diritti umani e la tutela dei civili, mentre quella del terrore, purtroppo, è ancora drammaticamente attiva. In Siria come in Germania. L’attentato a Berlino, che ha colpito civili ai mercatini tradizionali, è un colpo al cuore dell’Europa e dell’umanità intera. L’ennesimo, vile e spregiudicato atto di sangue dai contorni ancora poco definiti, che ha provocato un unanime moto di indignazione e che solleva molteplici interrogativi.
Perché, perché, ci si chiede, un uomo o un gruppo di uomini decidono deliberatamente di togliere la vita a innocenti che nemmeno conoscono? Odio, fanatismo? Nell’ultimo ventennio il terrorismo ha colpito in tutto il mondo e lo ha fatto, sempre più spesso, strumentalizzando il nome e i significati della religione islamica, diventata, per i criminali internazionali, la ragione e il fine delle loro violenze. Chiunque creda, chiunque abbia una coscienza, si chiede se davvero il terrorismo può avere una religione, se esista realmente un Dio che ordina di sterminare innocenti in suo nome e che promette il Paradiso a chi commette simili barbarie. La retorica estremista continua a fare vittime e al tempo stesso proseliti e a pagarne le conseguenze sono sempre persone inermi. Civili ai mercati, religiosi nei luoghi di culto, lavoratori inermi che muoiono senza pietà in Siria, in Iraq, in Nigeria come a Parigi, Bruxelles e Berlino.
Siamo di fronte a quella che Papa Francesco definisce la terza Guerra Mondiale a pezzi. Tutto ciò crea paura, diffidenza, sospetto e provoca atteggiamenti di odio, razzismo e xenofobia. Da un lato innocenti che muoiono, dall’altro innocenti che si trovano ogni volta additati come complici e colpevoli del terrorismo internazionale. Questo circolo vizioso sta scandendo le nostre vite da troppo tempo. Ci si interroga su come prevenire simili fenomeni, su come combatterli e sconfiggerli e il modo migliore si conferma la prevenzione. Non solo in termini di sicurezza, controlli, contrasto alle organizzazioni di fanatici, ma anche e soprattutto in termini di diffusione della cultura della vita e del rispetto dell’altro. Molte delle persone che uccidono in nome di Allah, in nome di Dio, un dio, in realtà non ce l’hanno. Non conoscono nulla della vera fede, non sanno cosa sia la spiritualità, la fratellanza, la misericordia, il pluralismo. Sono indottrinati da maestri di mentalità chiusa, retrograda, misogina e violenta e spesso non hanno altri interlocutori per le questioni religiose. Sono come terreni concimati col veleno, da cui non può che venire altro veleno. Si piange per le vittime di Berlino, si piange per le vittime di Aleppo.
Due città lontane fisicamente, ma vicine nella loro storia recente. Oltre un milione di profughi siriani, infatti, hanno trovato accoglienza in Germania negli ultimi anni. Dove condurranno le indagini non si sa, ma la paura non deve impedirci di continuare a lavorare per costruire un’umanità di pace e giustizia. Dobbiamo ricordarci che siamo un’unica, grande famiglia, la famiglia umana e se in un angolo del mondo c’è anche solo un bambino che soffre, l’intera famiglia deve adoperarsi per alleviare le sue pene. C’è bisogno di giustizia per costruire la pace, c’è bisogno di cultura per costruire una società del reciproco rispetto. L’avvicinarsi del Natale deve essere per tutti un momento di pausa e riflessione, di festa e di speranza. La nascita di Gesù è una gioia per il mondo cristiano, ma anche per il mondo dell’islam.
La maternità della vergine Maria è un miracolo celebrato e condiviso dai fedeli di entrambe le confessioni. I significati e le verità del Vangelo sono riconosciuti e adorati sia da cristiani sia da musulmani. Ci sono molte differenze tra le due religioni, come anche con l’altra confessione abramitica, l’ebraismo, ma ci sono anche punti fondamentali in comune ed è da lì che bisogna ripartire. L’amore per il Dio unico, per Gesù e per Maria deve essere un punto di unione tra le due sponde del Mediterraneo, dove la religione cristiana affonda le sue radici e le sue tradizioni. In Siria si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. Anche questa ricchezza è minacciata oggi. C’è un patrimonio di devozione e fratellanza che va riscoperto, tutelato. Ora più che mai.