Se il nemico è dentro e resta soltanto l’orrore del vuoto
domenica 13 ottobre 2024

Che cosa c’è nella mente di un padre che davanti a due figli di 4 e 6 anni strangola la moglie? Il bambino più grande, afferrato il cellulare, ha videotelefonato alla zia: “Il papà ha ucciso la mamma!”, gridava disperato. Continue stragi dentro le porte di casa. Una volta i delitti erano per lo più regolamenti di conti fra spacciatori, fra bande. La gente dei quartieri dove una notte si sparava si affacciava spaurita, incredula nel vedere quei corpi, quel sangue, sotto casa, tra il panettiere e la scuola. I delitti in famiglia c’erano, ma in una percentuale assai minore. Poi iniziò il terrorismo. Le Br e gli altri “giustiziavano” in una loro giustizia impazzita, ma sostenevano delle ragioni, per quanto distorte, comprensibili: lotta al Sistema, potere al proletariato.
Il primo segnale del cambiamento dei tempi forse fu Pietro Maso, nel 1991, in un paese del Veronese. Benestante, non gli mancava nulla: uccise i suoi, dopo laboriosi piani, con tre amici, a botte. Poi andò in discoteca. Dall’Italia partigiana al dopoguerra, al boom, al benessere, al terrorismo, 30 veloci anni. Ma ora la violenza cominciava a entrare nelle famiglie. Erika e Omar di Novi Ligure sconvolsero l’Italia: avendo ucciso non solo la madre di lei, ma il fratello bambino. Ferdinando Carretta, a Parma, venne giudicato schizofrenico. La tragedia di Cogne, al di là della sentenza, la attribuimmo in tanti a un’oscura, atroce follia. Questa parola ci sollevava: esiste la malattia mentale ma, credevamo, non riguarda noi “sani”.
Poi però le villette di paese in cui una mattina non rispondeva più nessuno cominciarono ad aumentare. Negli ultimi anni, come se la prigionia del Covid avesse alimentato un malessere diffuso, quasi ogni settimana si uccide e si muore, dentro alle case. Non suonano, gli allarmi alle porte. Il nemico è dentro, non fuori.
Per lo più a morire sono le donne. Spesso, stanca di vessazioni, lei se ne sta andando. Allora nell’uomo abbandonato scatta una rabbia cieca, e in quella furia annienta anche i figli: perché non rimanga nessuno. Poi, quasi sempre, l’assassino elimina anche sè stesso. Nelle case attorno si allarga uno sgomento profondo. Quella villetta vuota testimonia un male fra, in mezzo a noi, e non riconosciuto. Magari nelle famiglie più perfette: a Paderno Dugnano un ragazzo di 17 anni, bravo a scuola, educato, non ha saputo dire perché ha sterminato i suoi. A Nuoro una guardia forestale, sindacalista, brav’uomo per tutti, ha sparato a moglie e figli, una mattina, poi a sé stesso. Attoniti i vicini, che credevano quella famiglia felice.
Si può vivere evidentemente tra gli altri in una segreta invisibile solitudine. Qualcosa può venire mancando come dalle radici, dalle fondamenta. Quante rabbie e vendette arginava, in un’altra Italia, una fede in Dio che ancora teneva insieme. Quanti drammi sono stati evitati, forse, nei confessionali, dalle parole di un semplice prete. Qualcosa conduceva un popolo fondamentalmente cristiano, nonostante il male, quello antico, di sempre; forse la fiducia, pure nel dolore o nella fame, in un Dio e in un destino buono.
Emmanuel Todd, antropologo francese controverso ed estremo, intellettuale irrequieto assertore di uno “zero religioso” secondo lui raggiunto, ha detto giorni fa: “L’assenza di norme o abitudini di carattere religioso lascia l’angoscia di essere un uomo, mortale, che non sa più cosa fare sulla terra. La reazione più banale a questo vuoto è la divinizzazione del vuoto, che porta all’impulso di distruggere le persone, le cose, la realtà”.
Senza più un Dio il vuoto, il nulla che prende il posto di Dio. (Il silenzio in quelle case, dove non c’è più nessuno). In quelle parole ho sentito lo sgradevole sapore di qualcosa che potrebbe cominciare ad essere vero.

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