Il Nobel per la Fisica attribuito a Giorgio Parisi per «la scoperta dell’interazione di materiali disordinati e fluttuazioni nei sistemi fisici dal livello atomico a quello planetario» non è solo il riconoscimento a un grande scienziato italiano, ma anche a una straordinaria persona. La sua carriera, spesa in Italia tutta in strutture pubbliche – prima il Consiglio Nazionale delle Ricerche, poi l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, per passare all’Università, prima Tor Vergata e poi alla Sapienza – gli ha consentito di esprimersi come grande ricercatore e straordinario didatta, non solo in Italia, ma anche in prestigiose strutture come la Columbia University di New York, l’Institute des Hautes Etudes Scientifiques e l’Ecole Normale Superieure di Parigi.
All’inizio degli anni 80 del Novecento Parisi scoprì caratteristiche recondite in materiali disordinati contribuendo in maniera decisiva alla teoria dei sistemi complessi perché esse consentivano di comprendere e descrivere molti materiali e fenomeni diversi e apparentemente del tutto casuali, non solo in fisica ma anche in altri settori molto differenti, come la matematica, la biologia, le neuroscienze e l’Intelligenza artificiale.
Prima del riconoscimento di Stoccolma ha vinto tutti i premi possibili nella sua disciplina. In quest’anno, trionfale per lui e per l’Italia, aveva già ottenuto il Premio Wolf. Ciò perché Parisi si è distinto, oltre che per il rigore metodologico, per la versatilità creativa dando contributi originali e approfonditi in molte aree della fisica, come per la sua analisi innovativa del metodo di replica che ha permesso un importante passo avanti nella comprensione dei sistemi di vetri ( glassy systems) che ha dimostrato essere strumentale all’intera area dei sistemi disordinati.
Non è un caso che nel 2009, all’indomani della sua concezione, gli venne conferito il Premio Lagrange, attribuito agli scienziati che più hanno contribuito allo sviluppo della scienza della complessità nei più diversi ambiti della conoscenza. Solo pochi giorni fa aveva ricevuto – primo italiano – il riconoscimento della Clarivate Citation Laureates come scienziato con il più alto impatto di pubblicazioni scientifiche e capacità di influenzare la comunità scientifica internazionale. La grandezza dell’uomo è anche nella sua personale umiltà e nell’apprezzamento del lavoro del proprio gruppo, dalla devozione nei confronti del proprio maestro Nicola Cabibbo a quella degli oltre cinquecento allievi e collaboratori cui ha voluto dedicare il premio. Nel 1987 è diventato corrispondente dell’Accademia dei Lincei, poi membro e quindi vicepresidente nel 2018, ma fa anche parte dell’Accademia di Francia e della National Academy of Sciences degli Stati Uniti.
Negli ultimi tempi la nostra amicizia è stata corroborata dalla sua intensa partecipazione alla lotta alla pandemia, a cui ha voluto dedicare tutto il suo rigore e la passione civile. Frequentissime le nostre interazioni per ragionare sull’evoluzione della pandemia, sui metodi più efficaci per contrastarla, sulle strategie ottimali per prevenire quelle future. Nel G20 a presidenza italiana Parisi ha guidato l’«S20», cioè tutte le Accademie delle Scienze dei Paesi rappresentati nel consesso, producendo un documento straordinario per sintesi e incisività che ha contribuito all’esito del G20 Salute di Roma del settembre 2021, in cui all’unanimità si è riconosciuta la necessità di una nuova governance mondiale per fronteggiare le sfide di questo secolo con decisioni basate esclusivamente sull’evidenza scientifica e l’interesse dei cittadini.
È vero che nel 2008 Parisi, allievo prediletto del grande scienziato e limpido cattolico Cabibbo, fu uno dei 67 docenti che criticò l’invito a papa Benedetto XVI all’inaugurazione dell’anno accademico della Sapienza – poi declinato –, ma come egli stesso ha avuto modo di chiarire il suo non era un gesto ostile nei confronti del Santo Padre, quanto piuttosto il dissenso rispetto a un discorso del 1990 in cui l’allora cardinale Ratzinger citava il filosofo Feyerabend che definiva «razionale e giusta » la sentenza del processo a Galileo, a riprova di una sua laicità non tetragona, ma di certo intransigente.
Quella di Parisi è e resta una bella storia personale. E l’aver conseguito questi risultati in un Paese che a tutt’oggi è uno dei peggiori per investimenti in ricerca e innovazione, oltre che per numero e remunerazione dei ricercatori, rende la sua impresa ancora più straordinaria. Speriamo che il suo esempio serva ad appassionare ancor di più i nostri giovani alla ricerca e alla scienza e, soprattutto, che l’Italia, anche con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, inverta la rotta e si trasformi in Paese guida per la capacità di ricercare e innovare. Mai come oggi questo significherebbe sicurezza e prosperità.