La pandemia di Covid-19 ha colpito non solo la nostra salute e la nostra sanità, ma tutta la nostra vita a livello globale, tanto da stimolare un ripensamento rispetto ai riferimenti e alle certezze del nostro modello di sviluppo. Il ripensamento ha investito a cascata prima la questione della salute umana in connessione con quella del pianeta, poi quella dell’economia e dell’impiego delle risorse economiche disponibili, e ora a seguire quella della cultura, intesa sia come conoscenze, produzione intellettuale ed accumulazione scientifica – in particolare per la capacità di prevedere i rischi e di reagire alle crisi ma anche per la scuola e la formazione – sia come cultura antropologica, e cioè l’insieme dei riferimenti ideali, dei valori e dei costumi di vita che stanno alla base della convivenza umana e delle scelte politiche.
Una cultura che, all’interno del modello di Ecologia integrale proposto dalla Laudato sì’, riveste un ruolo importante come «momento vivo, dinamico e partecipativo... parte dell’identità comune e base per costruire una città abitabile» ( Laudato si’ II 143).
Nel corso degli ultimi 8 mesi abbiamo toccato con mano quanto la vita del pianeta in tutte le sue forme sia totalmente interconnessa (il battito di ali della farfalla che scatena effetti sistemici in tutto il pianeta, ma anche un virus che trasmigra da una specie a un’altra) e ci siamo dovuti rimboccare le maniche, sia a livello mondiale che a livello locale, per combattere la pandemia e per arginare i suoi effetti devastanti. Ora è arrivato il momento di preparare una ripresa culturale positiva a seguito della pandemia, e di capire che bisogna cominciare a lavorare seriamente sulla cultura collettiva. Come ha detto anche il Commissario Europeo Paolo Gentiloni, il mondo ha bisogno di «un nuovo umanesimo europeo che si fondi sulla cultura» e che sia alla base «della rinascita e della ripartenza. (...), una rinascita culturale che ci riporti a società più inclusive, resilienti e sostenibili».
Un umanesimo che deve diventare realtà soprattutto per le generazioni future, una utopia positiva che deve diventare realizzabile contro la tendenza a temere un futuro oscuro e a guardare al passato come un film da riavvolgere. Le dimensioni dell’Ecologia integrale proposte dalla Laudato sì’ sono tante e riguardano la formazione e la scuola, un’economia per il bene comune, il senso civico, il lavoro dignitoso, il benessere collettivo, l’incontro tra generazioni, la cooperazione tra popoli e nazioni, la comunità e l’accoglienza. Tutte dipendono però dalla cultura della solidarietà di cui ci parla, dando seguito alla Laudato sì’, la recente Enciclica Fratelli tutti, che di fronte alle sfide della globalizzazione, della politica, della comunicazione, della giustizia sociale, della educazione e dello scambio tra generazioni, propone di sposare fino in fondo la cultura della fraternità e dell’amicizia sociale. Una cultura intesa come ciò che dà forma alle convinzioni profonde e allo stile di vita di un popolo e che comprende «i desideri, l’entusiasmo e il modo di vivere».
Una cultura che vada oltre le dialettiche che mettono l’uno contro l’altro. Una cultura che punti a promuovere l’unità del genere umano, come un poliedro dalle molte facce. Per la Fratelli tutti «il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo». In particolare Fratelli tutti addita i sentimenti di odio e l’arroccamento su sé stessi e sul proprio territorio di appartenenza come mali da combattere nella cultura collettiva contemporanea: «Alcuni provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi privati, e altri la affrontano con violenza distruttiva».
E richiama l’attenzione sulla crescita delle periferie sociali e umane: «Chi vive in esse ha un altro punto di vista, vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti». Periferie vicine a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia e periferie lontane, ai confini del mondo, nelle grandi aree urbane degradate ed abbandonate. Fratelli tutti sottolinea che si è diffusa l’abitudine di dividere ciò che piace da ciò che non piace, quello che ci attira da quello che ci respinge da un punto di vista superficiale e immediato, senza sforzarsi di ascoltare e capire. Con la stessa logica si scelgono le persone con le quali dialogare e si escludono le altre, «costruendo un circolo virtuale che ci isola dal mondo in cui viviamo».
Fratelli tutti ribadisce con forza l’importanza dell’incontro tra diversi, soprattutto nel mondo della comunicazione, dove la situazione è resa ancora più preoccupante dallo sviluppo involutivo dell’odio in rete e del conflitto verbale ed ideologico: si è fatta strada una «informazione senza saggezza», che non capisce che «la vera saggezza presuppone l’incontro...». La riflessione sulla cultura proposta da Fratelli tutti dovrebbe farci comprendere che la strada da percorrere non può che essere quella della rifondazione culturale sulla base della fraternità e del dialogo, di cui non mancano esempi positivi soprattutto nel mondo del volontariato e dell’associazionismo.
«Tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni, il dialogo nel popolo, perché tutti siamo popolo, la capacità di dare e ricevere, rimanendo aperti alla verità. Un Paese cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica e la cultura tecnologica, la cultura economica e la cultura della famiglia, e la cultura dei media». Ma la strada è ancora lunga.