Sono 150mila in Italia i giovani che, nel loro percorso scolastico, si sono smarriti ed ora vagano nel limbo delle speranze perdute. Lo rileva l’ultimo Rapporto di monitoraggio dell’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori. La maggior parte di questi 'dispersi' proviene dalle fasce più deboli della popolazione scolastica.Sono coloro che frequentano gli istituti professionali, in cui la dispersione raggiunge picchi spaventosi: il 45,6%, quasi la metà degli iscritti. E sono i ragazzi e le ragazze del Sud, tra i quali il fenomeno – a fronte di una percentuale dell’1,7% del Nordest, del 3,3% del Nordovest, del 4,1% del Centro – raggiunge l’8%. Dunque, quasi un ragazzo o una ragazza ogni dieci, nel Meridione, eludono la legge 53 del 2000, che prevede il diritto-dovere all’istruzione e formazione professionale per almeno dodici anni (o comunque fino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età). Persone escluse da una prospettiva di inserimento lavorativo qualificato ma, soprattutto, deprivate di una formazione culturale e professionale necessaria ad assicurare al soggetto una piena partecipazione alla costruzione del bene comune. Così, la dispersione da una parte penalizza la persona, costringendola, in assenza di una qualifica, a umilianti trafile e a una triste dipendenza da logiche clientelari. Dall’altra costituisce per la società un inaccettabile spreco di risorse umane, che si riflette pesantemente sulla qualità dei servizi e delle attività produttive in generale. La posta in gioco, insomma, è molto più che il conseguimento formale di un 'pezzo di carta'. È la possibilità del reale sviluppo dei singoli e delle comunità, che non può prescindere da un serio percorso formativo. Perciò, come osserva il coordinatore del Rapporto, «la lotta alla dispersione scolastica deve diventare una priorità nazionale», mentre ancora non lo è. Una prima soluzione è il potenziamento delle attività di prevenzione dell’abbandono scolastico, sia (all’interno della scuola media) con un opportuno orientamento che indirizzi gli studenti verso i canali formativi più appropriati alle loro attitudini, sia (dopo la scelta dell’indirizzo) con forme varie di sostegno che possono andare dal piano metodologico a quello psicologico. In una società dove i giovani sono sempre più soli con i loro problemi, dove si moltiplicano le inchieste e i gridi d’allarme ma scarseggiano le iniziative per fornire un aiuto concreto, queste esperienze andrebbero sempre più potenziate e istituzionalizzate. Un’altra via non meno importante nella lotta contro la dispersione è quella che si sviluppa al di fuori dei canali formativi tradizionali e può raccogliere tanti che, direttamente o indirettamente, ne sono stati espulsi. Ci riferiamo sia ai corsi di formazione professionale che, svolgendosi a livello regionale, possono più facilmente intercettare le esigenze e le opportunità presenti nel territorio, sia ai servizi offerti dai Centri d’impiego, in cui si tengono colloqui di orientamento professionale, e si realizzano forme di tutoraggio, percorsi formativi, tirocini. Ben utilizzati, questi strumenti possono costituire un accompagnamento personalizzato per favorire il rientro dei giovani 'dispersi' nei circuiti formativi. Molto significativa può risultare, in questo senso, la formula dell’apprendistato che, alternando studio teorico e lavoro, favorisce negli studenti che hanno abbandonato la scuola la ricoperta del valore delle conoscenze teoriche a partire dai problemi molto concreti che incontrano nella pratica. Insomma, la dispersione non è un destino inesorabile: ci sono strumenti per sconfiggerla, per recuperare le occasioni e le energie di tanti giovani che a uno sguardo superficiale potevano sembrare irrimediabilmente perdute. Certo, c’è ancora tanto da fare per rendere questi strumenti pienamente efficaci. Ma sappiamo che ne vale la pena.