Caro direttore, in questo scorcio di legislatura diverse leggi attendono di essere approvate. Tra queste una, particolarmente urgente, nasce dalla necessità di dare dignità al lavoro educativo e di regolamentare le figure professionali educative. Approvata alla Camera a giugno 2016, senza voti contrari, è ora al Senato la legge 2443 ('Disciplina delle professioni di educatore professionale sociopedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista') ed è molto attesa da educatori, studenti delle Facoltà che si preparano alle professioni educative e dal mondo accademico.
L’obiettivo è fare chiarezza nella normativa e adeguarci ai parametri europei, superando la condizione attuale di 'incerta' identità. Educatori, dopo questa legge, non ci si potrà più improvvisare. L’esigenza è di una formazione scientifica per coloro a cui affidiamo i bambini, i giovani, le persone con disabilità, l’accompagnamento educativo extrafamiliare ed extrascolastico, come gli oratori e gli altri ambiti dell’educazione non-formale rivolta alle persone in difficoltà, come i detenuti o gli immigrati e i minori non accompagnati. Le professioni educative, aspettano da oltre vent’anni una normativa che finalmente, dopo anni di ritardo rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, metta ordine. Ora è arrivato il momento di voltare davvero pagina. Il tema della formazione educativa si pone con urgenza: sono ancora troppe le cronache di maltrattamenti e superficialità, anche sui bambini. Un’attività preziosa, un compito delicato ed essenziale dove la scarsa preparazione produce comportamenti e atteggiamenti deleteri.
Non che il titolo, in sé, sia garanzia sufficiente, ma certamente è un requisito indispensabile, perché chiede di affrontare percorsi di riflessione e di formazione che possono far sperare in competenze più alte. Il testo offre una possibilità concreta di riconoscimento del valore delle professioni educative, spesso rimaste nell’ombra, eppure così importanti: patrimonio che un Paese civile deve voler preservare, per incrementare le reti del tessuto solidaristico, scuotere l’indifferenza e la chiusura, diffondere la cultura della responsabilità. Soprattutto di fronte alle nuove sfide di una contemporaneità talvolta violenta e indifferente: ragazzi sempre connessi, ma sempre più soli; un degrado relazionale ed educativo che acuisce le condizioni di marginalità ed esclusione sociale; l’urgenza di sostenere la crescita educativa in ambito familiare e della genitorialità.
Ed è proprio in questi ambiti che si colloca il ruolo decisivo dell’educatore, come figura professionale capace di cogliere le potenzialità e di suscitare legami. Gli aspetti qualificanti della proposta di legge sono identificabili non solo nella possibilità di mettere ordine alla giungla normativa attuale, ma soprattutto nella valorizzazione delle professioni educative, facendo uscire dall’ombra un lavoro prezioso, relegato ai margini: i dati ci dicono che un giovane rischia di vedere un luminoso futuro nell’andare a Londra a friggere le patatine, piuttosto che dedicarsi alla cura della persona. Stiamo parlando di 200mila educatori che dall’approvazione di questa legge si aspettano un riconoscimento professionale e sociale. C’è davvero da sperare che il governo si faccia carico di approvare subito la legge: per produrre una diffusione della qualità della cura educativa e per coloro che stanno crescendo.
*Responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei