Voto al Parlamento europeo, ora tocca ai governi dei 27 Caro direttore, mentre piangiamo ancora i morti del naufragio di Cutro e mentre il governo Meloni sta elaborando fantasiose strategie per “tamponare” gli arrivi dalla Tunisia e immagina Cpr in ogni Regione italiana, la commissione Libe del Parlamento Europeo ha adottato a larga maggioranza la nuova Proposta di Regolamento sulla Gestione dell’asilo e della migrazione. Un voto in controtendenza rispetto alle posizioni portate avanti in questi ultimi mesi e mirate solo a contenere i flussi, senza nessuna attenzione alle persone. Sono stati mesi in cui in Italia e non solo abbiamo assistito alla criminalizzazione delle Ong e a dichiarazioni sconcertanti che hanno caricato su chi scappa la responsabilità delle morti in mare, sui padri la colpa della morte dei figli.
Mentre la discussione sugli ingressi legali appare sempre più un fatto di contabilità: più profughi e migranti bloccati, più visti di ingresso per il Paese transfrontaliero che contiene i flussi. Blocchi, muri, numeri. Senza umanità. Il voto della settimana scorsa in Parlamento Europeo va in direzione contraria. Alla vigilia della Pasqua è un segnale che invita a un cambio di rotta. A un ripensamento rispetto della contrapposizione noi-loro che la destra alimenta. La proposta rappresenta il pilastro della futura riforma europea del sistema di asilo nonché un sistema di regole destinato a sostituire l’attuale Regolamento di Dublino che – ricordo – stabilisce la competenza di uno Stato membro ad analizzare le domande di protezione internazionale presentate da cittadini di Paesi terzi.
Da anni tutte le forze politiche, anche quelle conservatrici e sovraniste, criticano i criteri di questo testo che lascia in capo al Paese di primo ingresso gran parte dell’onere della gestione dei richiedenti asilo. Eppure; una volta messe di fronte alle loro responsabilità, le forze di destra hanno votato sempre contro la reintroduzione di criteri di solidarietà tra gli Stati e verso le persone. Il positivo voto della settimana scorsa è arrivato dopo oltre due anni di negoziati che hanno cambiato radicalmente la proposta iniziale della Commissione Europea. Come relatore ombra per S&D ho seguito l’iter passo passo. Il testo iniziale non faceva che ricalcare le disposizioni del regolamento di Dublino, rendendolo ancora meno orientato verso una solidarietà effettiva. Grazie all’alleanza delle forze progressiste siamo riusciti a inserire il principio generale secondo cui lo Stato membro responsabile per l’esame della domanda è lo Stato con cui il richiedente ha legami significativi (familiari, di studio, di visto, di precedente soggiorno). Il tanto criticato criterio dello “Stato di primo ingresso”, quello che caricava tutte le responsabilità sui Paesi di arrivo come l’Italia, resta ma come criterio residuale e solo nel caso in cui i precedenti criteri dei legami significativi non trovino applicazione. Se non siamo riusciti a cancellarlo del tutto è a causa dell’ostruzionismo dei relatori – peraltro italiani – dei gruppi ultraconservatori Id ed Ecr. L’intero capitolo della solidarietà è una novità significativa introdotta in Commissione Libe.
Una solidarietà che si declina nell’unico modo che anch’io ritengo possibile e cioè attraverso la ricollocazione dei richiedenti o beneficiari di protezione internazionale. Abbiamo, quindi, eliminato tutte le disposizioni relative ai cosiddetti “rimpatri sponsorizzati” – una sorta di pool congiunti tra Stati per rimpatriare i cittadini soggiornanti illegalmente negli Stati membri – così come abbiamo attenuato tutta una serie di disposizioni rientranti nell’ambito della cooperazione con i Paesi terzi di arrivo o di transito dirette in realtà a finanziare misure di contenimento dei flussi. Al contrario, abbiamo messo in piedi un meccanismo di solidarietà obbligatorio a favore dello Stato membro sotto pressione migratoria. Una situazione cioè in cui uno Stato membro si trova a gestire un onere sproporzionato di arrivi, compresi a seguito di sbarchi marittimi dopo operazioni Sar. Attraverso una procedura che prevede l’adozione di atti delegati e di esecuzione da parte della Commissione, ogni Stato membro sarà obbligato a fare la propria parte ed essere solidale nei confronti del Paese sotto pressione migratoria. E questo tanto nell’impegno a ricollocare queste persone (in misura pari all’80% dei loro impegni) quanto in misure di accrescimento delle capacità dei sistemi di asilo e accoglienza dello Stato membro sotto pressione (per il restante 20%). Certo si tratta di un primo passo.
Adesso il testo approvato dal Parlamento deve passare dal confronto con il Consiglio Ue con cui inizieremo a negoziare già a fine giugno. Il confronto con gli Stati membri non sarà facile anche perché, si sa, prevale purtroppo una mera logica di contenimento dei flussi. E nessuna riforma sarà in grado di superare i limiti del Regolamento di Dublino se non si decide, una volta per tutte di investire nella solidarietà. Nel testo votato dalla Commissione Libe c’è l’Europa che vuole guardare al futuro a partire dalle persone. L’Europa che non vuole rinunciare al rispetto dei diritti umani e alla solidarietà. Sono questi, e non i muli e i fili spinati, come “Avvenire” ci ha costantemente ricordato, i pincìpi che rappresentano i suoi pilastri fondanti.
Parlamentare europeo Demos-S&D