La Cina "riscopre" i matrimoni - ANSA
Agile, minimalista, personalizzato, ecosostenibile. Il “nuovo” matrimonio cinese è cool. Di fronte alla depressione demografica – per tre anni consecutivi la popolazione del gigante asiatico si è ristretta, scendendo a quota 1,408 miliardi – Pechino prova a rilanciare l’attrattiva delle nozze e invertire una curva in caduta libera: nel 2024 in tutto il Paese si sono registrati “solo” 6,1 milioni di matrimoni, un calo netto rispetto ai 7,7 milioni dell'anno precedente.
La strategia, promossa dalle autorità cinesi, passa attraverso due canali. Primo: rimuovere l’intrico di ostacoli che rallentano o allontanano i giovani dal matrimonio. Secondo: incoraggiare la narrazione che fa del matrimonio un evento cool, romantico, da ricordare per sempre e che va di pari a passo con lo svecchiamento di tradizioni e “imposizioni”, spesso molto pesanti – e condizionanti – per i giovani sposi. L’ultima misura è stata annunciata in questi giorni: le coppie non dovranno più registrare i matrimoni nel luogo previsto dal sistema di registrazione permanente delle famiglie (hukou). Potranno, invece, scegliere un ufficio del registro nella residenza abituale di una delle due parti, rimuovendo così, scrive il Global Times, «una significativa barriera logistica».
«Questa riforma mira a soddisfare le esigenze delle persone che vivono o lavorano lontano dalle loro città di origine, in particolare le generazioni più giovani», ha scritto l’agenzia di stampa statale Xinhua. E si capisce subito il perché: considerato che circa 493 milioni di cinesi vivevano lontano dal luogo dove sono “censiti” – in aumento dell'89% rispetto a un decennio prima – rimuovere l’obbligo della registrazione, spesso a centinaia di chilometri da dove si vive, può fungere da molla per spingere i giovani a sposarsi. O quanto meno per accorciare i tempi. Ma non basta. Un’altra ricetta per incoraggiare alle nozze è arrivata da Chen Songxi, membro del Comitato nazionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese. La sua proposta? Abbassare l'età legale per il matrimonio a 18 anni, fissata oggi in Cina a 22 anni per gli uomini e a 20 per le donne. Le autorità si stanno muovendo anche su un altro piano: quello culturale e simbolico.
Come ha scritto Maurizio Scarpari in Ritorno a Confucio, «nella Cina tradizionale il matrimonio era una transazione tra famiglie, un accordo raggiunto, in genere con l’ausilio d’intermediari, dai capi delle famiglie o dei clan a cui i nubendi appartenevano. Oltre a garantire la discendenza, obiettivo del matrimonio era migliorare la posizione sociale ed economica di entrambe le famiglie più che quella degli sposi». Basta oggi leggere i resoconti della stampa cinese per capire quanto questo sistema sia stato, se non liquidato, almeno eroso. «Il matrimonio in sé può sembrare una faccenda semplice, ma ci impegniamo molto nella preparazione. Si tratta di un evento irripetibile, quindi non volevo accontentarmi di un matrimonio standardizzato, da catena di montaggio», ha raccontato il “fresco sposo” Hou Naibin, 34 anni. Non solo. È scemata anche la politicizzazione della famiglia, quando la scelta del partner era spesso vissuta come una prova di “ortodossia” politica. Lo smantellamento della “politica del figlio unico”, poi, è stato un ulteriore significativo arretramento dello Stato nella vita dei cittadini. Restano giganteschi problemi, dallo squilibro di genere, al rallentamento dell’economia, a ritmi di lavoro spesso massacranti e inconciliabili con la vita familiare. Riuscirà la nuova “cultura” a far rifiorire i matrimoni?