Caro direttore,
accogliere è necessario (almeno per dovere di umanità), integrare è difficile, ma saper gestire i flussi di profughi e migranti si sta rivelando di una complessità fuori dal comune, qualsiasi governo abbia provato a farlo. La durezza di salviniana memoria è stata sostituita, a mio parere, da una flessibilità che sotto il profilo della salute non tutela né migranti né residenti, come hanno fatto rilevare proprio in questi giorni sia il presidente della Regione Sicilia Musumeci sia il sindaco di Lampedusa Martello, testimoni tra i più coinvolti dai continui flussi di arrivo e attesi stamattina a Palazzo Chigi per un incontro con il premier Conte. Siria, Libia e ora anche Tunisia...
Ritengo che tra i sostenitori del 'no' a oltranza e i fautori del 'sì' senza condizioni si ponga una terza via, che riguarda il 'come' dell’accoglienza nel pieno rispetto dei diritti dei profughi e migranti e dei residenti. I problemi che si pongono infatti non trovano soluzioni facili e la presenza della pandemia accentua rischi e difficoltà per tutti. Il tema dell’accoglienza include infatti profili sanitari spesso affrontati sulla base di approcci emotivi, che richiederebbero maggiore riflessione per andare oltre la barriera delle paure o delle diffidenze reciproche. Il problema è salvaguardare la salute di tutti, secondo l’antico slogan lanciato dall’Oms ad Alma Ata, quasi 50 anni fa.
'Salute per tutti' entro l’anno 2000, 'Salute per tutti', qui e ora, nell’anno 2020. Per questo ho recentemente presentato un disegno di legge che tiene conto delle considerazioni maturate nel contesto della Commissione d’inchiesta parlamentare della scorsa legislatura e delle riflessioni emerse nell’Intergruppo Salute e Migranti, che coordino ormai da diversi mesi. Esse partono dalla convinzione che la tutela dei livelli di salute di residenti e migranti, sia un diritto da tutelare contestualmente a livello dell’intera comunità.
La normativa italiana in fatto di tutela della salute fa riferimento alla legge numero 40 del marzo 1998, la cosiddetta Turco-Napolitano, confluita nel Testo unico sull’immigrazione del luglio 1998, che inquadra in forma omogenea e inclusiva i provvedimenti sulla tutela della salute degli immigrati. Ma a distanza di oltre 20 anni la legge andrebbe aggiornata. Il ddl, da me presentato all’inizio di agosto, prevede l’istituzione di un 'passaporto sanitario elettronico', fornito a profughi e migranti nel momento del loro arrivo in Italia, per consentire loro di godere fin dal primo momento di tutte le tutele necessarie per la loro salute e nello stesso tempo facilitare il monitoraggio.
Il documento avrebbe valore in tutta Europa, e consentirebbe di spostarsi portando con sé tutte le informazioni relative al proprio stato di salute. Sarebbe, insomma, una sorta di Cartella clinica elettronica, tutelata dalla legge sulla privacy. Se vogliamo abbattere pregiudizi e paure, rispondendo positivamente al diritto alla salute che la nostra Costituzione contempla, allora dobbiamo uscire sia dalla durezza dei respingimenti a oltranza, che dalla accoglienza disordinata che crea allarme ed eccessi di ansia. Il mio è un tentativo di fare sintesi tra opposte posizioni, in un bilanciamento concreto dei diritti e dei bisogni di tutti.
A cominciare dalla necessità di prevenire, prima ancora di curare. Il diritto alla salute, collegato al passaporto elettronico, diventerebbe una sorta di filo di Arianna utile a orientarsi nella Babele delle norme che il nostro stesso Ssn stabilisce e capace di tutelare le persone a prescindere dallo status infine riconosciuto (o meno) dopo l’arrivo irregolare in Italia. La salute è bene primario, e sia la collettività sia il singolo devono farsene carico, attraverso misure di prudenza e di prevenzione. Caro direttore, chi è costretto a migrare – e per di più lo fa tra molte sofferenze e in modo rischioso – sta a cuore di tutti. E io vorrei che il premier Conte, il presidente Musumeci e il sindaco Martello tenessero conto anche di questo aspetto così peculiare come la tutela della salute di tutti: fisica e psicologica, in un’ottica di convivenza più serena e costruttiva.
Senatrice dell’Udc