Non è un tweet caduto dal cielo. Ma se si fanno due conti con le parole messe in rete – in risposta a tre domande, ieri, durante l’udienza generale – da Papa Benedetto, è possibile forse tirare le somme sui termini essenziali della fede. Gesù Cristo, il Vangelo, Dio "roccia sicura", e poi amore, dialogo, fedeltà, speranza, famiglia: di 140 caratteri moltiplicati per tre – quanti sono stati i primi messaggi, preceduti da un saluto – è difficile poter fare l’esegesi. Ma se a ognuno di quei termini fosse possibile collegare un led, si accenderebbero certo immense e stratosferiche luminarie, in rete e non solo. Perché il nucleo della fede ruota intorno a queste e poche altre parole; tanto grandi di senso e di significato da poter essere spalmati sull’incalcolabile produzione teologica, artistica, e letteraria che ha accompagnato lo sviluppo della cristianità nei secoli. Un contributo non modesto a una tale produzione continua a venire dallo stesso Papa Benedetto che ha alle spalle volumi e volumi sulla miglior conoscenza e confidenza con Dio e di cui è appena uscito nelle librerie l’ultimo tratto – quello dell’infanzia – della trilogia sulla vita di Gesù. Com’è possibile che con la barriera dei 140 caratteri, l’ultimo arrivato tra i mezzi di comunicazione sociale, possa insinuarsi e trovare posto e spazio nel pantheon di una così consolidata accademia? Ci può essere una prima risposta, ed è quella che riguarda proprio la vitalità e l’attualità di un’accademia che non è proprio tale: non si tratta, cioè, di materiali d’archivio; non si ha a che fare con termini morti o in via di estinzione. Se posto con le spalle al muro dei 140 caratteri, l’uomo digitale scopre che di quei termini non può fare a meno, e di doverli mettere in salvo come in una moderna Arca di Noè, allora è il caso di prendere atto, ancor di più del loro valore, e di accettare senza arricciare il naso una forma di comunicazione davanti alla quale ha poco senso contrapporre il virtuale e il reale. Il Papa che lancia i suoi primi tweet mostra proprio la volontà di non far mancare i termini dell’essenziale in un vocabolario che conta sì caratteri ma non riesce quasi a contare gli utenti, visto il loro tasso di crescita esponenziale. Quanto al Papa, i followers hanno giù superato il milione. Eppure la sostanza è altra perché, come Benedetto afferma nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, «nell’essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi, se ciascuno non trascura di coltivare la propria identità». La Chiesa va in cerca, anche oggi, dell’uomo, per stargli vicino e per parlargli di Dio, ovunque egli sia. Con il linguaggio di un tweet si può indicare proprio in questo aspetto il dato fondamentale di questo pontificato. L’enfasi non è di Papa Benedetto, e sarà bene tenere alla larga toni trionfalistici per un evento che tuttavia segna un capitolo importante nella storia delle comunicazioni del Vaticano. Le nuove tecnologie sono entrate ormai a vele spiegate nel piccolo Stato. Anche i social-network hanno fatto il loro ingresso dalla porta principale, quella del Papa, come avvenne per Radio Vaticana inaugurata da un messaggio in diretta di Pio XI. Il lancio di tweet era forse l’ultimo diaframma da abbattere, per un assetto che, pur messo a dura prova, ha mostrato di saper recuperare anche il tempo perduto.