Più consapevolezza e basta distorsioni
giovedì 29 ottobre 2020

Il presidente Mattarella, per ufficio, tiene molti discorsi. Potrebbe perciò esser sfuggita la portata delle parole pronunciate dal Capo dello Stato lunedì 26 ottobre, ricevendo i rappresentanti dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, nel mentre emergevano divisioni e dilagavano polemiche sulle nuove misure per arginare la forte ripresa della pandemia. Cito: «Il vero nemico è il virus, esso è il responsabile di lutti, sofferenze, sacrifici, rinunce, restrizioni alla vita normale (…) si sentono voci che spingono a comportamenti irresponsabili (…). Persino nel pieno di questa tragica pandemia [sembra] ci sia una perversa volontà di ingannare con la disinformazione». Parole come pietre.

Molti si sono sentiti interpretati nel disagio, di più, nell’angoscia che procura la sensazione che non vi sia adeguata consapevolezza delle dimensioni della tragedia che ci ha investito. Tragedia senza precedenti e paragoni, che, per talune conseguenze, è stata paragonata alle guerre mondiali del secolo scorso. Un deficit di consapevolezza sconcertante se solo si considerano i numeri, a cominciare dai decessi, l’estensione a tutto il mondo, lo spiazzamento degli stessi scienziati, in un tempo che aveva portato la scienza ai vertici del credito e del potere. Solo questa sottovalutazione al limite dell’esorcismo può spiegare certi comportamenti dei quali sono prodighe le cronache. Pensiamo alla vacuità, alla leggerezza del chiacchiericcio di chi, senza cognizione di causa, si esercita nello sport nazionale di eccepire su questa o quella ricetta per fare fronte al mostro.

Un po’ come nei discorsi da bar sulle partite di calcio. Tutti coach della nazionale. Un mix di presunzione, superficialità, benaltrismo. Come pretendere ricette risolutive a un male che nessuno al mondo sa come debellare? Che senso ha sentenziare e dividersi su questa o quella misura restrittiva, tutte per definizione criticabili e insufficienti? Ma non leggiamo i dati che disegnano la curva epidemica dei Paesi che ci circondano, a cominciare dalla Francia, che pure vanta una pubblica amministrazione di grande efficienza? Di fronte al 'nemico' comune, dentro un’emergenza drammatica oggettiva, saggio sarebbe attenersi a due elementari princìpi: fiducia nella scienza e ancoraggio alle istituzioni.

Ma anche qui si pongono problemi. Pensiamo al cedimento di taluni esperti che, dalle tv, indulgono al protagonismo, alla fiera delle vanità (e delle rivalità), alla subordinazione politica, sino al colpevole negazionismo. I nomi sono noti e non fanno onore alla categoria. Meglio, allora, farne qualcuno in positivo tra i molti possibili, che si segnala per sobrietà, rigore, senso di responsabilità: Guerra, Richeldi, Viola, Lopalco e per ultimo – visto che è editorialista proprio su queste colonne – ma non per ultimo Ricciardi. È da non credere che sia stata addirittura proposta la costituzione di un Comitato tecnico-scientifico da opporre a quello operante. Saremmo alla scienza di destra da opporre a quella di sinistra. Minando uno dei pochi presìdi cui affidarsi: la scienza, appunto. Ma qui sta un altro problema: una opposizione ondivaga tra negazionismo e allarmismo ma coerente in pratica nel dire sempre 'no'; e una maggioranza incerta e minata all’interno da strumentali distinguo.

Divisioni politiche cui si aggiungono conflitti istituzionali tra Governo centrale, Regioni, Comuni, con incresciose gare allo scaricabarile. Dove mai, se non dentro il dramma, si dovrebbe praticare il principio costituzionale della leale collaborazione tra le istituzioni? A produrre confusione e ad avvelenare il flusso informativo e il clima di concordia nazionale, che sarebbe il minimo necessario, concorrono certi media: tv, giornali, social. Grande è la responsabilità che si assumono. Dal sistema politico-mediatico sarebbe lecito ed è più che mai necessario attendersi sobrietà e responsabilità, una informazione asciutta e oggettiva, la cura di valorizzare le voci affidabili e non quelle più sguaiate e faziose. Per riassumere, basterebbe una parola per fissare ciò di cui c’è bisogno, una parola densa ma negletta: serietà.

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