Caro direttore, da tempo, si ode un brusio sul ruolo del prefetto e sulla sua eventuale riforma, oltre che il chiasso di qualche voce isolata sulla sua eliminazione. Tesi che si inquadrano in un’ipotetica riforma delle istituzioni dello Stato. Ad alcuni la figura del prefetto appare vetusta e poco sintonizzata con la continua e rapida evoluzione della società. Lo definisce 'elemento frenante', soprattutto rispetto al dispiegarsi delle attività degli Enti locali (a motivo dei controlli sugli organi) e allo sviluppo delle imprese (destinatarie di interdittive antimafia).
Sono non solo questi, ma soprattutto questi, gli ambiti in cui i prefetti sono percepiti distonici e poco attuali. In particolare, dopo ogni scioglimento di Comune per condizionamento mafioso – peraltro disciplinato da un procedimento complesso in cui più soggetti istituzionali sono partecipi – non mancano prese di posizione e polemiche di coloro che chiedono un repentino ridimensionamento ovvero la cancellazione dell’istituto prefettizio. Certamente nessun istituto, a eccezione della forma repubblicana dello Stato, è irriformabile.
In un recente sondaggio, tuttavia, condotto da Swg, commissionato dal Sinpref e ripreso da Il Sole 24 Ore, il 76% degli intervistati apprezza il ruolo delle prefetture per l’ordine e la sicurezza pubblica e il 58% l’azione istituzionale. Il bisogno di sicurezza si esprime nell’esigenza di rafforzamento dello Stato e tale esigenza coincide con la centralità del prefetto nel territorio. Di fronte alle avversità che feriscono l’ambiente e minacciano le comunità locali, o alla violenza prevaricatrice dei diritti di cittadinanza da parte della criminalità organizzata o alle sempre più ricorrenti crisi di sistema, sociali ed economiche, o, ancora, di fronte alle difficoltà che derivano dalla pressione migratoria, ecco che i prefetti nonostante alcuni li ritengano inutili orpelli - sono lì a presidiare in nome dello Stato, doverosamente e costantemente impegnati su tutti questi fronti, assieme alle forze dell’ordine ed alle migliori risorse delle pubbliche amministrazioni. Custodi della sicurezza e voce intelligente ed equilibrata delle Comunità locali svolgono l’importante e irrinunciabile funzione di raccordo tra territorio e governo e di garanti dei diritti di fronte alle emergenze criminali e delle libertà civili.
Nel medesimo sondaggio, il 48% degli intervistati ha dimostrato di sapere che le prefetture sono sempre aperte e che esiste un numero telefonico che è possibile chiamare h 24 per qualunque esigenza sia di diretta competenza sia di attivazione e mobilitazione di risorse pubbliche. Tale circostanza è il frutto di un sentimento condiviso di generosità nei confronti di tutti i cittadini. Segno evidente di una riconosciuta di abnegazione e di una continua tensione, tese a individuare soluzioni spesso d’intesa con gli altri segmenti dello Stato. E ciò vale soprattutto quando tali tensioni sono poco visibili, tracce sotterranee di pericoli che solo occhi attenti possono prevenire o sconfiggere.
Una pregnante e sottesa cultura sostiene il prefetto nell’esercizio delle funzioni, ponendo al centro dalla propria attività il servizio al cittadino e ai suoi diritti. Si tratta di un variegato assetto di competenze non sempre sufficientemente conosciute dalle Comunità che trovano la loro espressione esclusivamente nelle disposizioni che ne disciplinano i relativi procedimenti. E difatti soltanto nello scrupoloso rispetto delle leggi che le diuturne azioni dei prefetti concorrono a rafforzare la democrazia e la rete istituzionale del Paese. Questa è la storia e la realtà del servizio reso dal prefetto, e da qui non si può non partire per una sua eventuale riforma.
*Prefetto di Reggio Calabria