Impedire a un ragazzino di 11, 12, 13 anni di tornare da solo da scuola è lesivo della sua dignità e contravviene alla Convenzione dei diritti dei bambini e degli adolescenti, stipulata dall’Onu il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia. Il dibattito che si è scatenato da qualche settimana nel nostro Paese rasenta il surreale, visto che, proprio su questa questione, l’Italia è la nazione più protettiva d’Europa. Infatti, secondo i dati del Cnr, solo il 30% dei nostri ragazzi percorre da solo la strada per raggiungere la scuola media, mentre, in tutti i Paesi europei le percentuali sono molto più alte. In Inghilterra e Germania circa l’80% degli alunni è autonomo nello spostamento casa-scuola, in Francia è il 60%.
A questa età è fondamentale per i giovani muoversi autonomamente nel percorsi della vita quotidiana, che, nell’ambito del loro contesto abitativo, li conducono a scuola, a fare sport, a raggiungere amici e parenti. A ogni tappa evolutiva corrispondono livelli di autonomia differenti che sono imprescindibili per crescere sereni e sicuri. A 3 anni i bambini compiono il primo importante passo di autonomia dormendo da soli nel loro letto, abbandonando il lettone. A 6 anni si vestono e si lavano da soli. A 9 anni vanno a comprare il latte e il pane nei negozi vicino a casa. A 11 anni vanno a scuola da soli. Rispettare queste tappe permette ai bambini di diventare grandi acquistando sicurezza, sviluppando autostima e fiducia negli altri, e rafforzando la propria identità. Impedire a un ragazzo delle Medie di vivere questo passaggio evolutivo fondamentale è lesivo della sua dignità e mortificante perché si reprime il primo sano istinto di emancipazione.
La Convenzione dei diritti dei bambini e degli adolescenti lo dice chiaro e tondo: il diritto alla mobilità, all’autonomia e alla libertà, ovviamente proporzionato alle diverse fasce d’età psicoevolutive. Se ciò non viene rispettato stiamo trasgredendo una Convenzione dell’Onu regolarmente sottoscritta. Come se una mamma portasse nel passeggino un bambino sano di 9 anni oppure usasse il ciuccio a 5: si tratta di un’evidente violazione alla dignità dei figli. Inoltre, questa faccenda apre prospettive grottesche, dato che, spesso, a 13 anni molti ragazzi sono più alti di mamma e papà. Questi giovanotti devono attendere fuori da scuola e farsi scortare dai genitori fino a casa? Viviamo in una società che vede solo pericoli per i nostri figli, difficile considerare i giovani come una risorsa per il futuro. Con la paura e l’ansia di controllo gli adulti non riescono più a educare i ragazzi.
Lo stereotipo della super mamma italiana iperprotettiva non è una barzelletta, purtroppo è una realtà diffusa nel nostro Paese. Esattamente il contrario della presunzione di questa sentenza che si spinge fino al concetto di "abbandono di minore" nel caso in cui la famiglia non ritiri a scuola il figlio ormai alla soglia dell’adolescenza conclamata.
Per questo le istituzioni hanno il dovere di sostenere i genitori nei percorsi evolutivi e di emancipazione dei ragazzi e non imbavagliare le nuove generazioni in cavilli legislativi privi di buon senso e di concretezza.
* Pedagogista