Maria Chiara, la droga, ciò che manca
venerdì 16 ottobre 2020

«Era il regalo che aveva chiesto per il suo compleanno. Per lei era la prima volta». Sono le parole di Francesco il fidanzato di Maria Chiara Previtali, la ragazza morta nel giorno del suo diciottesimo compleanno per overdose di eroina. «Da quando stava con lui era un’altra persona, irriconoscibile e ora me la ritrovo morta», ha commentato il papà della ragazza deceduta nella notte del 9 ottobre. Un episodio che ha convocato anche me, ferendomi. I ragazzi della stessa età di Maria Chiara li ho in classe.

Partiamo da un dato: nel complesso delle sostanze stupefacenti sequestrate, la cocaina fa registrare un +127% in 12 mesi, segno inequivocabile di un consumo ormai dilagante. E ancora: per il terzo anno consecutivo aumentano le morti per overdose, +11% rispetto al 2018, quasi la metà causata dall’eroina. Infine un altro trend, che preoccupa al pari o forse più degli altri: la continua diffusione di droghe sintetiche e il proliferare delle nuove sostanze psicoattive. È quanto emerge dalla Relazione annuale 2020 della Direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa).

L’andamento in atto è un fenomeno estremamente preoccupante, sul quale gli analisti e gli esperti delle diverse discipline dovranno continuare a interrogarsi per individuare le cause e porre un argine non solo sul piano della repressione del traffico e dello spaccio. È un fatto però che di questa situazione si parli troppo poco. La quotidianità di un giovane si compone di obiettivi da raggiungere dettati da competizioni più che da curiosità.

La rabbia, il dolore, i perché che emergono, sono vissuti come ostacoli da negare. Forse perché materialmente a questa generazione manca troppo poco. L’erba e il fumo aiutano i più sensibili ad annullare quegli ostacoli, generando apatia. E la scuola? Chiediamoci se l’unica preoccupazione di professori e genitori è il risultato, il voto, che in genere valuta la performance ridotta a un rimando mnemonico, per nulla rielaborativo. Una pratica che coincide con l’impersonalità del processo formativo. Quella è l’età della metamorfosi, dinamica dolorosa soprattutto per i più sensibili che, in assenza del pensiero critico, rischia di rimanere incompiuta. Tutti conosciamo adulti adolescenti e ragazzi adulti. Nei corridoi della scuola ascolto frasi di questo tipo: 'È più facile spacciare che trovare un lavoro.

Spacciando droghe leggere si rischia poco e si può guadagnare quanto un barista a contratto, che per noi è una chimera'. Il consumo di droghe tra i ragazzi dai 16 ai 25 anni riguarda, oltre alle 'canne', MDMA. Ketamina, ecstasy e cocaina. Il fenomeno è interclassista, senza esclusioni. Le sostanze vengono assunte per andare 'in festa' luoghi defilati dai centri abitati dove per giorni si balla. Ricordate i Rave Party? Quello che avviene oggi è una brutta coppia.

La Festa del Delirio ha origini antropologiche lontane, ricorda la pratica baccanica, il rito sacrificale dionisiaco, che coinvolge il Sacro, organizzato nel bosco lontano dal rigore della legge. E se si chiede ai ragazzi perché vanno 'in festa' le risposte sono: 'Per divertirmi e non pensare', 'Perché non mi piace la musica commerciale che mettono in discoteca', 'Perché mi annoio durante la settimana'. 'Per drogarmi'. Credo che i temi su cui soffermarsi siano: l’Assenza, l’Appartenenza (tanto necessaria all’adolescenza), la mancanza di strumenti per accedere al Bello, al principio Speranza, all’Amore. L’Assenza, che i ragazzi sentono, e non solo loro, credo sia l’effetto della mancanza di desiderio. Si desidera solo ciò che manca.

E nel nostro tempo cosa manca? La relazione che pratica il dono, la gratuità del gesto, dell’azione. Siamo circondati da relazioni utili che prevedono lo scambio. Ma forse anche il dono non è esente dallo scambio, ma in questo caso non si negozia solo la cosa. Il dono è capace di generare relazioni emotivo-spirituali, quel luogo che stiamo nascondendo a noi stessi. L’Appartenenza, nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto. Solo nella massa l’uomo può essere liberato da questo timore. Essa è l’unica situazione in cui tale apprensione si capovolge nel suo opposto.

È necessaria per questo la massa densa, in cui corpo si addossa a corpo, una massa densa anche nella sua costituzione psichica proprio perché non si bada a chi 'ci sta addosso'. È quello che avviene 'in festa'. Stare in gruppo significa semplificare la relazione con l’altro e sentirsi parte di un corpo più grande del proprio. L’Accesso al Bello: la Bellezza è una convocazione che coinvolge quel luogo abitato dalla follia e non dal Logos, ma per raggiungerlo serve fidarsi di sé stessi e di chi o cosa ci chiama. Operazione più faticosa per un ragazzo in fase metamorfica.

L’Accesso al principio Speranza: Eugenio Borgna, psichiatra e docente, nel suo ultimo libro scrive: «La speranza è la passione del possibile, è la ricerca del senso della vita». Il principio Speranza è quindi dinamico, una spinta in avanti oltre il presente. Ma la dimensione del futuro il nostro tempo lo ha cancellata, preferendo il Presentismo, un danno irreversibile per tutti e soprattutto per i ragazzi a cui abbiamo sottratto il desiderio, che è curiosità, progetto, utopia, perché no? L’Accesso all’Amore: l’Amore con l’altro è un corpo a corpo, è l’incontro capace di generare attimi eterni, il Sublime, ciò che eccede il rappresentabile, andare oltre la forma in quanto forma che rappresenta qualcosa.

Solo l’amore ti spinge a voler conoscere, di più e più ancora, la persona che ami, la passione che ami, la cosa che desideri, te stesso, Dio. Anche l’Amore, come la Bellezza è una convocazione. Aiutiamo i nostri ragazzi a riconoscere quel suono, quel colore, quel profumo. Accompagniamoli fino ai margini dell’abisso del Bello e insegniamo loro il coraggio di tuffarcisi dentro. Allora sì che abiteranno l’oblio naturale, così necessario, così edificante. Cosa sia accaduto a Maria Chiara e Francesco interessa gli inquirenti, io sarei contento anche solo di accarezzare i loro volti.

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