Non giocate con le famiglie. Le promesse da non deludere
venerdì 6 marzo 2020

L’attitudine a guardare il "micro" di ogni fase storica ci distoglie e confonde. E così in questo momento ci sentiamo disturbati dalle isterie sulle chat di certi genitori, dalla proliferazione e diffusione di fake news, da singoli gesti di irresponsabilità e leggerezza. Cose da non sottovalutare mai, ovviamente. Eppure, guardare continuamente l’ombra ci fa dimenticare che in alto c’è un sole che continua a dare luce. Quel "macro" che ancora non abbiamo afferrato – nemmeno su gran parte dei media – è un Paese che nel suo complesso capisce, accetta, risponde, collabora. È pronto a sacrifici ed è – dato nuovo emergente – meno acquiescente con chi, nel Palazzo, è tentato dall’uso strumentale dell’emergenza covid-19 per andare a un qualche incasso politico.

D’altra parte il premier Conte e buona parte dei capi della maggioranza e dell’opposizione sono unanimi nel considerare la «consapevole compostezza» delle nostre comunità la premessa per ogni misura di prevenzione e contenimento del contagio.

Solo potendo contare su un Paese solido e lucido, il governo ha potuto, l’altro giorno, arrivare alla decisione epocale di chiudere le scuole su tutto il territorio nazionale. Diversamente, senza un sottostrato di coesione sociale, l’esecutivo non avrebbe potuto nemmeno ipotizzare una misura del genere. E ancora una volta, giunge dalla politica l’ammissione che a farsi carico di questo periodo emergenziale dovranno essere innanzitutto le famiglie. Con la riorganizzazione "last minute" della stravolta vita domestica. Con le corse a perdifiato. Con nuovi sacrifici. Con la rinuncia ad altri pezzi di reddito per accudire piccoli e fragili, per salvaguardare la salute di tutti, per accelerare l’uscita dall’incubo, per tenere in piedi il Paese.

Perciò pesano sulle spalle dei politici le sensate parole che loro stessi hanno pronunciato pochi minuti dopo la decisione di chiudere le scuole. Promesse di voucher per le spese straordinarie per baby sitter, promesse di nuove regole sui congedi per consentire ad almeno un genitore di restare a casa senza rimetterci il salario, promesse, addirittura, di stanziamenti economici diretti.


Già molto si potrebbe discutere sul fatto che questi interventi, per ora solo annunci, non siano stati contestuali alla chiusura delle scuole. Ma sarebbe davvero grave se, nell’atteso decreto economico antivirus, quello che dovrebbe stanziare 7,5 miliardi in deficit, tali misure fossero espulse all’ultimo miglio per ragioni di cassa.

Una scena già vista e rivista ogni autunno dell’ultima decade, in sede di manovra economica, quando la famiglia si presentava ai nastri di partenza per vincere la medaglia d’oro e poi si doveva accontentare di quella di legno, con delusione popolare e applausi scroscianti e consolatori (e ipocriti, diciamolo) dei giudici di gara.

Un "tradimento" delle promesse, stavolta, sarebbe più di una presa in giro. Sarebbe il consolidamento di una dottrina multipartisan sulla famiglia. La dottrina del limone e della bandierina: le spremi, le famiglie, le sventoli a favor di telecamere, e poi te ne dimentichi. Ma la storia recente del Paese mostra che questo sottostrato di coesione nazionale che ci anima dal basso toglie la fiducia alla politica e ai governanti con la stessa repentinità con cui la offre.

Sono le ripetute delusioni e illusioni, inferte e vendute alle famiglie e al ceto medio, che hanno nutrito la protesta populista e la "mucca nel corridoio" sovranista (il copyright è di Bersani) che inizialmente nessuno vedeva. La tenuta delle famiglie italiane è data alla politica in dono, come risorsa gratuita. Se il Parlamento riuscirà per una volta a riconoscerlo non solo a parole, ma dando esito concreto alla spinta che viene soprattutto dalla ministra per la Famiglia Maria Elena Bonetti, un virus buono entrerà nella politica italiana.

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