Tra le grandi minacce che incombono sull’umanità nessuna sarebbe più catastrofica di quella dello scoppio di una guerra nucleare. Il rischio si è accresciuto nell’ultimo decennio perché sono venute meno molte delle intese volte a scongiurare tale pericolo. L’amministrazione Trump ha fatto piazza pulita di vari accordi sul controllo degli armamenti, la Russia non ha esitato a infrangere l’impegno di rispettare l’integrità territoriale garantita all’Ucraina in cambio della rinuncia di Kiev all’arma nucleare, la Corea del Nord è riuscita a dotarsi dell’arma nucleare. Tutti i Paesi nucleari stanno mettendo a punto testate e vettori sempre più sofisticati e più facilmente impiegabili. Da ultimo il Regno Unito ha capovolto la sua precedente decisione di ridurre il proprio arsenale atomico e ne ha annunciato un incremento di oltre il 40%.
A fronte di questi temibili sviluppi vi è da registrare, nel campo del Disarmo, la recente entrata in vigore, fortemente incoraggiata dalla Santa Sede, del Trattato Tpnw, sulla proibizione totale delle armi nucleari che è stato ratificato sinora da 54 Paesi. È assai probabile che il numero degli Stati partecipanti aumenterà. Mancano però all’appello – e 'Avvenire' lo ha sottolineato più volte – proprio i Paesi che posseggono le armi nucleari. Alcuni di essi hanno annunciato che non vi aderiranno mai e hanno cercato di impedirne l’entrata in vigore. Anche i Paesi membri della Nato, tra cui l’Italia, non vi hanno aderito.
Con l’eccezione dell’Olanda, essi non hanno neppure preso parte al negoziato infrangendo l’obbligo internazionale di parteciparvi. Lo scopo sarebbe ora quello di convincere questi Paesi ad aderire al Tpnw. Ma in attesa che ciò avvenga la comunità internazionale non può rimanere con le mani in mano e deve intraprendere tutti i percorsi possibili per avvicinarsi alla realizzazione di un mondo privo di armi nucleari, un obiettivo cui hanno aderito tutti gli Stati inclusi quelli nuclearmente armati.
Una delle opzioni percorribili oggi sarebbe quella di giungere anzitutto a impegnare gli Stati dotati di armi nucleari a non usarle per primi: «No First Use »(Nfu). Non sarebbe un risultato di poco conto e il terreno si è reso fertile con l’avvento dell’amministrazione Biden che sta esaminando la possibilità di inserire tale concetto nel quadro del riesame della posizione sulle armi nucleari cui sta attualmente procedendo il Pentagono. Lo stesso Biden, quando era vicepresidente degli Usa, si espresse a favore di tale concetto che fu poi ripreso durante la sua campagna presidenziale. Le cose si stanno muovendo anche sul fronte parlamentare. La ex candidata alla Casa Bianca, la senatrice Elizabeth Warren ha presentato, assieme al presidente della Commissione Servizi Armati della Camera, Adam Smith, un atto legislativo sul Non Primo Uso che trova cospicui consensi nel campo democratico.
Al livello internazionale non si partirebbe da zero poiché due Stati nucleari, la Cina e l’India si sono già impegnati individualmente a non impiegare per primi l’arma nucleare. Di conseguenza uno scontro nucleare tra questi due rivali asiatici non potrebbe avvenire e sinora non è avvenuto nonostante due passati conflitti, la perdurante tensione e gli incidenti frequenti lungo la frontiera comune. Anche l’Unione Sovietica, ai tempi della guerra fredda, aveva sposato il concetto del non primo impiego che fu poi abbandonato dalla Federazione Russa. La società civile si sta ora mobilitando a favore dell’adozione del concetto Nfu da parte dei rimanenti Stati dotati di armi nucleari e lancerà a partire da oggi, mercoledì 26 maggio, una Campagna Globale sostenuta da esponenti di organizzazioni non governative, parlamentari, scienziati e accademici di vari Paesi che discuteranno delle strategie da intraprendere per incoraggiare questa importante iniziativa. Si tratta in fondo di promuovere il concetto assai elementare che una guerra nucleare non può scoppiare se nessuno la può iniziare.
Ambasciatore già presidente del Missile Technology Contro Regime (Mtcr), del Consiglio consultivo del Segretario generale dell’Onu per il Disarmo a New York e della Conferenza del Disarmo a Ginevra