Su fisco e famiglia si deve cambiare ed è importante fare fronte comune
venerdì 13 settembre 2024

È da quasi mezzo secolo che il numero medio di figli per donna in Italia è sotto il livello di sostituzione, quel 2,1 che permette a una popolazione di restare più o meno stabile nel tempo. E sono quarant’anni che il tasso di fecondità si è inabissato sotto il figlio e mezzo, senza più riemergere. Ciononostante il nostro Paese non è ancora riuscito, in tutti questi anni, a dotarsi di un sistema di aiuti alle famiglie razionale, chiaro, stabile, universale, equo, sufficientemente condiviso e coerente con l’obiettivo di evitare il declino demografico.

E infatti nel declino ci siamo finiti intrappolati, senza la possibilità matematica di ritornare a galla se non confidando nell’immigrazione, o tutt’al più in qualche nascita aggiuntiva che possa permetterci di avere tra vent’anni e oltre una popolazione attiva meno striminzita di quello che si prevede. Giusto per dare qualche numero: oggi abbiamo tre persone in età da lavoro, cioè dai 15 ai 64 anni, ogni due che sono formalmente “a carico”, i minori di 14 anni e i maggiori di 65; tra 25 anni il rapporto sarà alla pari, uno a uno. Questa estate, intervenendo al Meeting di Rimini, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, l’ha spiegata così: «È una dinamica che rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare».

Ma queste, in fondo, sono cose che sappiamo. Però è difficile non partire da questa premessa nel voler riflettere sulle indiscrezioni che circolano in merito a una possibile drastica riforma dell’Assegno unico, che il governo ha smentito, ma soprattutto sul piano del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, per reperire le risorse necessarie a varare sconti fiscali destinati alle famiglie che mettono al mondo un figlio o a quelle numerose. I dettagli non si conoscono, le voci che circolano parlano un po’ confusamente di quoziente familiare e di detrazioni, che sono due cose molto diverse, dunque non vale la pena entrare nello specifico.

Quello che può essere importante è rilevare che il governo ha tutto il diritto di intervenire in materia di fisco e famiglia, perché il suo programma elettorale parlava espressamente di quoziente, e anche perché la riforma dell’Assegno unico ha lasciato molte cose in sospeso. In Germania, per fare un esempio, i contribuenti possono scegliere tra un assegno da 220 euro al mese a figlio, preferito da chi ha redditi più bassi, e una grossa deduzione fiscale, scelta da chi paga più tasse. In Francia, all’assegno che premia le fasce deboli si aggiunge il ben noto quoziente familiare, con un meccanismo di calcolo che evita il rischio di scoraggiare il lavoro femminile. Il margine per correggere il difetto di universalità del nostro sistema, insomma, c’è, così come la necessità di migliorare i sostegni a chi ha più figli, di rivoluzionare l’indicatore Isee, e di passare da un modello ancora fondamentalmente assistenziale a uno con obiettivi demografici.

Quello che meno si comprende, visto da fuori, è come sia possibile che ogni governo debba intervenire e modificare il sistema, farlo suo, e sostanzialmente contribuire a radicare l’idea che in Italia oggi va così, ma domani chissà. Mentre invece il desiderio di famiglia e di figli per essere sostenuto ha bisogno di incentivi universalmente generosi e soprattutto di una solida base di certezze e stabilità nel tempo. Le risorse per fare meglio ci sarebbero, se si volesse realmente riscrivere il sistema fiscale azzerando molti bonus fondati sul reddito individuale e centrare l’obiettivo di una vera equità orizzontale tenendo conto dei carichi familiari. È così?
Detto questo, in Italia abbiamo fatto un grande sforzo per giungere a una razionalizzazione importante e una convergenza politica significativa con l’Assegno unico. Si parta da qui e si valuti a fondo la possibilità di ampliare il perimetro dei sostegni all’ambito fiscale nella direzione auspicata di un maggiore equilibrio del sistema. Si proceda anche a piccoli passi, ma si faccia bene.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: