Uno sbarco nel porto di Lampedusa (FOTO: Archivio- Ansa)
Caro direttore,
mentre continuano le odissee di persone che nessuno soccorre più in mare e di naufraghi che rimangono per giorni e giorni sulle imbarcazioni che li hanno tratti in salvo, è davvero difficile accettare come grande conquista dell’attuale governo la riduzione del 94% degli sbarchi di migranti nei primi mesi del 2019 rispetto al medesimo periodo dello scorso anno.
Rivendicarlo non significa altro che accostarsi in maniera superficiale e acritica a un fenomeno che richiede uno sguardo assai più ampio. Posto che la traversata del Mediterraneo in gravissime condizioni di rischio è un viaggio che nessuna persona migrante più dovrebbe compiere, è disumano che una martellante propaganda, che fa della riduzione degli “arrivi” via mare (da sempre solo una parte, quasi sempre largamente minoritaria, degli ingressi nel nostro Paese) la chiave di volta per la sicurezza degli italiani, oscuri una schiacciante realtà di fatto: “non partire” non vuol dire “non morire”.
Decantare l’efficacia della politica di “chiusura” delle nostre frontiere ai più poveri è un’operazione davvero miope, se pensiamo che ha alla sua base costosi e scellerati accordi che il nostro Stato ha concluso con la Libia o, meglio, con alcune parti libiche.
Accordi che hanno come immediato portato la detenzione di moltissimi migranti in veri e propri campi di concentramento in cui – come testimoniano Rapporti di Agenzie dell’Onu e documentati reportage compresi quelli curati con continuità ed efficacia da giornalisti di “Avvenire” – i diritti umani vengono quotidianamente calpestati. Che questi uomini, donne e bambini debbano essere sottratti a una tale sofferenza, è una necessità ineludibile.
Le acque del Mediterraneo, tuttavia, non costituiscono la strada giusta verso una vita più dignitosa. C’è bisogno di canali sicuri, quali i “corridoi umanitari” che proprio il nostro Paese ha aperto per primo e che il giornale da lei diretto indica come via maestra sin dall’inizio di quell’esperienza, nel dicembre 2015, grazie all’intesa tra i promotori ecumenici (cristiani cattolici ed evangelici) e il governo italiano. Il desiderio di vivere una vita migliore non deve navigare attraverso onde che della vita di tanti migranti possono diventare una fredda sepoltura.
Medico, responsabile del presidio sanitario e del Poliambulatorio di Lampedusa