Caro direttore,
oggi 14 novembre ricorrono i 40 anni di attività del Jesuit Refugee Service, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, di cui il Centro Astalli è la sede italiana. Nel 1980 Pedro Arrupe, un uomo che sapeva leggere i 'segni dei tempi' con fantasia e creatività sociale, oltre che con capacità profetica, invitava la Compagnia di Gesù, di cui era preposito generale, a guardare ai drammi del mondo in particolare a quello dei rifugiati che per lui erano gli «ultimi tra gli ultimi».
Per celebrare questo anniversario, simbolicamente legato alla data di nascita di Arrupe, per cui è in corso il processo di beatificazione, papa Francesco ha inviato una lettera in cui ci ricorda che: «Di fronte alle sofferenze di coloro che scappavano dalla loro terra in cerca di salvezza a causa della guerra in Vietnam, padre Arrupe trasformò il suo sgomento in una attenzione profondamente pratica per il loro benessere fisico, psicologico e spirituale». Sono parole che risuonano in tutta la loro concretezza alla vigilia della Giornata dei poveri 2020. Arrupe non ha voltato le spalle al povero che chiedeva aiuto, non è rimasto sordo al grido di un popolo che fuggiva da una guerra lunga e dolorosa, ma era in prima linea, perché come uomo di Dio sapeva che i poveri possono aiutarci ad accogliere la compagnia di Cristo nell’esistenza quotidiana, come possiamo leggere nel Messaggio dedicato alla Giornata che si celebra domani, domenica 15 novembre. Sono trascorsi poche ore dagli ennesimi naufragi costato la vita a decine di persone in fuga dalla Libia, tra i quali c’era anche al il piccolo Joseph di soli sei mesi.
Ancora una volta l’Europa si è dimostrata sorda e cieca di fronte al dramma delle vittime delle migrazioni. «Oggi troppe persone nel mondo sono costrette ad aggrapparsi a barconi e gommoni nel tentativo di cercare rifugio dai virus dell’ingiustizia, della violenza e della guerra» – ricorda il Papa nella lettera inviata a quanti nella Compagnia di Gesù si impegnano al fianco dei rifugiati. Il titolo del Messaggio della Giornata dei poveri, 'Tendi la mano al povero', ci rimanda alle tante mani tese oggi in un mondo attraversato dalla pandemia: una litania di opere di bene. Ma ci sono ancora troppi migranti che non trovano mani tese a cui aggrapparsi per essere portati in salvo. «Ci sono anche mani tese che nel perbenismo ipocrita stabiliscono leggi che loro stessi non osservano».
È un passaggio del Messaggio per la Giornata dei poveri, che per chi difende i diritti dei migranti non può non richiamare l’atteggiamento dei governi europei che oltre a non soccorrere i naufraghi, violando sistematicamente diritti e convenzioni internazionali in vigore, ostacolano le organizzazioni umanitarie che continuano a salvare vite umane, nonostante i mille ostacoli, la solitudine e la cattiva narrazione che si fa oggi sul loro operato in mare.
E allora non possiamo permetterci di rimanere indifferenti, di assumere l’atteggiamento di chi tiene le mani in tasca. Arrupe lo aveva capito e mobilitò i gesuiti e la società civile perché trovassero delle risposte adeguate al grido di aiuto dei rifugiati attraverso tre azioni che richiedono. appunto, un rimboccarsi le maniche e un coinvolgimento in prima persona: accompagnare, servire e difendere. Questi tre verbi sono l’eredità spirituale di Arrupe che, da 40 anni nel mondo, operatori e volontari del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati vivificano tendendo una mano di amicizia a centinaia di migliaia di migranti, contribuendo alla costruzione di una cultura dell’incontro per una solidarietà autentica e duratura.
Presidente Centro Astalli, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia