Caro direttore, ho letto con interesse l’elzeviro di Fiorenzo Facchini sull’uomo di Neandertal e sul mistero che ancora oggi avvolge la sua evoluzione e insieme la sua diffusione in siti tanto lontani fra loro. E così pure il tempo della sua presenza finora accertabile, da far risalire a 400mila anni fa, cioè quella dell’Uomo di Ceprano del giacimento del Lazio. Ecco il punto: i paleontologi parlano di popolazioni, di uomini, non di forme qualunque di vita, di esseri come me che scrivo questa lettera o come quelli che con altri mezzi ci hanno trasmesso il loro pensiero già da migliaia di anni. Ma allora è plausibile la domanda: la Redenzione, con l’ingresso nel Regno, pone una data d’inizio alla salvezza del genere umano? E i Preneandertaliani? Grazie dell’attenzione che riserverà o farà riservare alla questione.
Francesco Pellegrini, Bologna
Gli uomini della preistoria, vissuti centinaia di migliaia di anni prima di noi (anche quelli antecedenti ai Neandertaliani), erano uomini come noi, quali che fossero le loro sembianze fisiche: parlavano, progettavano, fabbricavano strumenti, perché erano capaci di pensiero, di attività simbolica. Quegli uomini sono stati raggiunti anch’essi dalla salvezza realizzata da Gesù Cristo duemila anni fa? In particolare il lettore Pellegrini si chiede «se vi sia una data di inizio della salvezza del genere umano». Il direttore mi affida la risposta, che io offro nel modo più semplice e diretto: la data coincide con l’inizio dell’umanità sulla terra. Sull’epoca in cui ciò sia avvenuto non c’è un accordo fra i paleoantropologi, anche se il criterio decisivo per individuare la presenza dell’uomo viene riconosciuto nella presenza di comportamenti di carattere culturale. Gesù è venuto nel tempo, ma la salvezza si estende agli uomini di tutti i tempi, quelli vissuti prima di lui e dopo di lui. Gesù è Salvatore universale.