La Madonnella del Rosario di Via dell’Arco della Ciambella nel Rione Pigna - Foto Stefania Falasca
Prosegue il nostro itinerario giubilare nei luoghi della memoria cristiana di Roma, tra chiese, santi e immagini. L’intento è aiutare i “romei” di oggi a trarre dalla visita “ad Petri sedem” conforto e conoscenza della vita per la quale è vera l’immagine dantesca della «Roma onde Cristo è romano».
«Sei tutta bella, amica mia», Tota pulchra es, amica mea, è scritto alla base di un’edicola mariana sulla facciata del civico n. 5 di Piazza della Rotonda nel rione Sant’Eustachio a Roma. Appoggiata a un edificio all’angolo con Via Santissimi Quattro nel rione Monti, un’immagine della Madonna con il Bambino in braccio si offre invece ai passanti ad altezza d’uomo. In alto a sinistra l’epigrafe in versi recita così: «Il sorriso di Maria/questi luoghi allieterà/ se chi passa per la via/ salve o Madre a lei dirà». Di immagini come queste se ne incontrano centinaia nelle strette strade del centro di Roma, camminando per i vicoli dei vecchi quartieri una volta popolari: Monti, Campitelli, Trastevere, Trevi, Sant’Eustachio, Pigna, Parione, Campo Marzio. Spesso circondate da lumini, sono quelle che i romani chiamano “le Madonnelle”, che la devozione popolare ha posto nel corso dei secoli nelle strade e nei crocicchi della città.
A seguito delle trasformazioni urbane molte di esse sono andate distrutte, altre soffrono dell’incuria e dell’abbandono in cui oggi versano. Ma l’uso antico di mettere nelle strade immagini di Maria, nato dal desiderio di consacrare la Città Eterna alla Madonna, mostra ancora oggi la percezione di Roma come spazio sacro nel susseguirsi dei secoli. La vicenda delle edicole mariane si è spesso mescolata con la storia e le storie quotidiane di Roma. Per i romani quelle immagini sono state dispensatrici di favori e grazie, tanto che molte delle chiese e delle cappelle dell’Urbe sono state erette per accogliere le più venerate. Secondo il dettagliato elenco fornito dallo studioso dell’Ottocento Alessandro Rufini ancora nel 1853 le edicole sacre romane dedicate a Maria erano contornate da un’abbondante varietà di oggetti votivi lasciati da quanti avevano ottenuto grazie: collane di perle e di corallo, trecce di capelli, stampelle, cuori e miniature di arti in argento, persino coltelli e altre armi. Oggetti che offrivano una vivida testimonianza degli eventi e dei fatti minuti dei romani.
Sono circa seicento le edicole mariane attualmente presenti nel centro storico. Se ne contavano quasi tremila fino alla metà dell’Ottocento e i lumini che ardevano davanti alle Madonnelle furono l’unico tipo di illuminazione che Roma conobbe fino al XIX secolo. I viaggiatori stranieri che giungevano nella Città Eterna in quello scorcio di secolo rimanevano meravigliati dal fatto che le vie di una città come Roma fossero illuminate di notte soltanto dai moccoli delle Madonnelle. Ma «non c’è da stupirsi – commenta il Rufini – se sono proprio le edicole mariane a far orientare i romani, di giorno e di notte, nel fitto incrociarsi di vie, vicoli, piazze e piazzette». In effetti, prima della ristrutturazione urbanistica decisa a partire dal 1870, quando ancora non c’era una regolare numerazione civica degli edifici, le Madonnelle facilitavano anche l’orientamento dello spazio cittadino.
Alla funzione protettiva, dunque, si aggiungeva anche quella di orientamento, di descrizione, di puntualizzazione dello spazio cittadino. Le edicole mariane arredavano questo spazio e ne segnavano centro, confini, percorsi, secondo una mappa mentale propria dei residenti, e al tempo stesso costituivano punti di riferimento concreti, come elementi integranti di un quartiere, di una via, di un caseggiato perché «la lampada perpetua messa dai fedeli davanti alle immagini mariane – riferisce sempre il Rufini – è allo stesso tempo segno di devozione e luce che orienta il viandante, il quale scorgendo i volti illuminati di Maria non si smarrisce né per le strade della vita né per quelle della città». Ognuna di queste Madonnelle ha una storia da raccontare nel tessuto brulicante di vita dei rioni romani. «
Posuerunt me custodem », “mi posero a custodia”. L’uso di collocare immagini sacre con le iscrizioni invocanti la protezione di Maria comincia a diffondersi pubblicamente nel periodo post-costantiniano. La storia delle Madonnelle inizia da qui, dall’espressa volontà di porre sotto la tutela della Madre di Dio la città degli Apostoli e dei martiri. Così, per rimarcare i confini dello spazio sacro di Roma, dapprima vengono poste sulle mura e alle porte della città, poi sulle facciate degli edifici. L’episodio che ha dato inizio a questa usanza risale al 590, subito dopo l’elezione di papa Gregorio Magno (590-604). Nel 590 la venerata icona bizantina della Salus Populi Romani custodita a Santa Maria Maggiore venne portata in processione fino a San Pietro per implorare la cessazione della peste che infestava Roma. La peste cessò, e a memoria di quell’evento lungo tutto il percorso vennero poste sulle strade e sulle facciate delle case edicole riproducenti l’immagine della Salus Populi Romani, piccole immagini dipinte a fresco o su tavole, riparate da una piccola tettoia. L’uso si diffuse nei secoli seguenti, così che immagini di Maria in segno di memoria, consacrazione e protezione andarono a popolare i vicoli della Roma medioevale.
Sono ormai pochissime le testimonianze che risalgono a quel periodo. Una di queste riguarda la Madonna della Strada, venerata fin dagli albori del Medioevo, posta oggi in una cappella all’interno della chiesa del Gesù. Altre si possono vedere sul fianco della chiesa di Santa Maria in Trastevere. Trastevere, infatti, è stato il primo luogo a Roma in cui si diffuse il culto di Maria. Ma bisogna arrivare al Quattrocento per avere documenti certi relativi a queste immagini poste sulla pubblica strada e alla loro venerazione. Nel corso del Quattrocento alcune Madonnelle vengono sottratte alla precarietà della strada e trasferite all’interno di chiese.
È il caso ad esempio, della Madonna della Consolazione. Durante il Medioevo, ai piedi del Campidoglio, presso la Rupe Tarpea, avevano luogo le esecuzioni capitali. Lì, su di un muro, davanti alle forche vi era un’antica immagine della Vergine dove i condannati a morte erano soliti sostare prima di andare al patibolo. Il 26 giugno 1470 a questa immagine viene attribuita la salvezza di un giovane ingiustamente condannato a morte per omicidio. Risulta infatti da subito battezzata dal popolo come “Santa Maria della Consolazione” e la devozione divenne tale che papa Sisto IV (14781484), con la bolla Stella Maris, permise la costruzione in quel luogo di una chiesa a lei dedicata. Non fu che l’inizio.
Anche l’origine della chiesa di Santa Maria del Buonaiuto nei pressi della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme si deve, ad esempio, alla particolare devozione dello stesso papa Sisto IV. Si racconta che nel giugno 1472 il Pontefice, sorpreso in strada da un violento temporale, andò a ripararsi sotto il tetto di un’edicola mariana. Per riconoscenza verso la Madonna lì rappresentata fece costruire in suo onore una chiesa, e nacque così Santa Maria del Buonaiuto. Lo stesso accadde per un’altra edicola che si trovava nel portico della chiesetta di Sant’Andrea degli Acquaricciari, così chiamata dai rivenditori d’acqua che popolavano la zona. Un’immagine mariana che godeva di grande venerazione perché, secondo la tradizione popolare, dopo essere stata colpita da un sasso gettatole contro da un giocatore aveva sgorgato sangue. Mentre su Roma aleggiava aria di guerra in seguito alla Congiura de’ Pazzi di Firenze, Sisto IV adunò il clero e, recatosi lì in processione, fece voto che se questa guerra si fosse evitata avrebbe fatto erigere in quel luogo una chiesa. E così avvenne. Scongiurato il pericolo fu edificata Santa Maria della Pace, dove si conserva tuttora l’immagine di strada miracolosa.
È proprio con Sisto IV Della Rovere che si apre a Roma un lungo periodo che vede l’edificazione di chiese in onore di Madonnelle. Ne I tesori dell’alma città di Roma, dell’erudito canonico Ottavio Panciroli, vennero elencate e raccontate tutte queste vicende legate alla trasposizione delle edicole mariane dalla strada alle chiese. Come quella dipinta su un muro nel rione Monti. Qui in una piccola casa vicino a via dei Serpenti «dentro un fienile stava una immagine miracolosa della Regina de’ i Cieli». A motivo della grande venerazione verso questa immagine di Maria venne edificata Santa Maria ai Monti e i monticiani vollero mettersi sotto la sua protezione: sub tuum praesidium, come è scritto sotto l’immagine posta in alto sopra l’altare. Così con modalità simili vennero erette tante altre chiese in onore di Madonnelle.
Nel desiderio di mettersi sotto il presidio di Maria, nel 1546 venne trasferita nella chiesa da cui prende nome la Madonna del Pianto. Nel 1562 la Madonna della Trinità dei Pellegrini, nel 1577 quella di Santa Maria dell’Orazione in via Giulia, nel 1592 quella della Madonna della Scala. Immagini che entrano nella storia della città collocandosi a custodia di determinati ambienti: la Madonna dei Pellegrini all’assistenza dei derelitti, quella dell’Orazione alla realtà delle carceri, alla Madonna della Scala l’affidamento del turbolento quartiere di Trastevere. Durante questi secoli molte vengono incoronate dal Capitolo vaticano. Attorno ad altre sorgono confraternite. Sono fatti che caratterizzano la Roma rinascimentale e che si protraggono per tutto il Seicento. Siamo nei secoli d’oro delle Madonnelle e della pietà popolare.