Trump sta mettendo tutti sotto pressione. Non passa giorno che il presidente americano non se ne esca con una qualche decisione o dichiarazione in grado di mettere a soqquadro il mondo intero. Attonito rispetto a ciò che è già accaduto, il pianeta guarda con trepidazione a ciò che può ancora accadere. In Trump l’Occidente vede riflesso il suo lato predatorio, volgare e violento. Predatorio perché l’approccio è quello di perseguire i propri interessi (in questo caso degli Stati Uniti) contro quelli di tutti gli altri, senza farsi scrupolo di rispettare i legittimi diritti altrui. Come è stato evidente nel modo in cui la presidenza americana ha cercato di imporre l’accordo sulle terre rare a una Ucraina sfinita dalla guerra. Volgare perché usa parole, immagini e linguaggi che fino a ieri erano considerati inadatti al decoro delle istituzioni. Ben aldilà del limite di ogni decenza. Violento perché del tutto disinteressato alle conseguenze prodotte dalle proprie decisioni. Come nel caso dell’improvviso taglio dei fondi Usaid che ha causato enormi disagi tra i poveri di tante regioni del mondo. O delle foto fatte circolare in cui si ritraevano immigranti in catene. O della pretesa (per ora solo verbale) di annettersi territori esteri, come la Groenlandia (se non addirittura il Canada). Molti risolvono la questione sul piano personale, dando del folle all’inquilino della Casa Bianca. Ma in realtà, aldilà della personalità di Trump (che indubbiamente gioca un ruolo importante), la questione è ben più seria e profonda. Se la principale democrazia occidentale ha rieletto un candidato che era arrivato a simpatizzare con gli assalitori di Capitol Hill dopo la sconfitta alle elezioni nel 2020, vuol dire che la malattia è profonda. La verità è che siamo entrati in un ciclo di irrazionalità sistemica. Certo, il disegno complessivo che la nuova amministrazione americana sta seguendo appare confuso; così come confusi sono i metodi per perseguire gli obiettivi dichiarati. Ma tale irrazionalità si afferma nel vuoto lasciato dall’incapacità del pensiero mainstream di capire e tanto meno di gestire la complessità del mondo contemporaneo. Le soluzioni tecniche, tutte ragionevoli, non riescono più a tenere insieme i pezzi di una società contraddittoria e profondamente divisa. Né a rispondere ai tanti problemi sociali che tante persone vivono sulla loro pelle.
Come già accaduto in passato, in questi momenti di confusione si affermano i “trickster” (parola inglese che letteralmente si traduce con imbroglione, truffatore), figure ambigue e voraci, abili nell’inganno, spregiudicate e amorali. Ponendosi al di fuori delle regole convenzionali, il trickster attrae perché apre uno spiraglio, benché indeterminato, rispetto allo stato delle cose che è all’origine del malessere diffuso. Una sorta di divinità ingannevole dotata di una amoralità sacra che ė capace di andare oltre la distinzione tra giusto e sbagliato, sacro e profano, puro e impuro. In questo modo, egli incorpora l’ambiguità e l’ambivalenza, la doppiezza e la duplicità, la contraddizione e il paradosso. La presidenza Trump è il sintomo più clamoroso del fatto che è l’Occidente ad aver perso la bussola. Rispetto alla propria storia di cui in questo momento rinnega i valori fondanti e rispetto al mondo, a cui mostra un volto impresentabile. Il costo in termini di reputazione internazionale è enorme. Con conseguenze che peseranno per molti anni. Un vero e proprio assist per gli autocrati di tutto il mondo.Se vogliamo essere positivi, questa grave crisi è anche una grande occasione. Per capire che la strada battuta in questi decenni ‒ centrata sull’individualismo radicale e sull’interesse materialistico nel disprezzo dei valori dello spirito e della solidarietà ‒ non porta da nessuna parte.
Questo è il momento in cui le forze costruttive che sono ancora dentro l’occidente devono porre la domanda di cosa la nostra cultura vuole essere nel nuovo scenario planetario. Quali valori vuole affermare. Quale modello economico e sociale vuole costruire. Quale quadro di relazioni internazionali vuole contribuire a far nascere.Per rispondere a queste domande, l’Occidente deve recuperare la propria radice spirituale. E, come dice Habermas, comprendere che le grandi religioni, a partire dal cristianesimo, sono serbatoi di senso di cui non si può fare a meno.Si apre una stagione nuova. Nessuna religione è infatti in grado di pretendere il monopolio spirituale. Pena cedere alla tentazione delle sirene fondamentaliste. Il ruolo della religione invece è quello di essere un giacimento di senso e di solidarietà a cui le democrazie possono attingere per contrastare le derive più distruttive che vediamo affiorare proprio con la presidenza Trump. E così rigenerare sé stesse. «La dove c’è il pericolo, cresce ciò che salva» scriveva Holderlin. E il pericolo oggi è davvero imminente. Sta dunque a noi far crescere ciò che può salvare...