Caro direttore,
la relazione conclusiva dell’«Indagine conoscitiva sul fenomeno del 'caporalato' in agricoltura» approvata dalle Commissioni riunite Lavoro e Agricoltura della Camera (Doc. XVII, n.9) sottolinea – come i lettori di 'Avvenire' ben sanno – la gravità di un fenomeno parte integrante della rete criminale delle agromafie e l’urgenza di una più decisa azione di prevenzione. Praticata nelle costruzioni e nei trasporti, nella logistica e nei servizi di cura, l’intermediazione illegale di manodopera ha invaso con particolare asprezza le attività agroalimentari caratterizzate da rapporti di lavoro stagionali in luoghi lontani dai centri abitati. Oberate dalla concorrenza internazionale e dall’incertezza delle 'aste a doppio ribasso', per divenire più competitive e aumentare i profitti, anziché puntare sull’innovazione tecnologica, numerose aziende agricole hanno purtroppo preferito comprimere i costi del lavoro attraverso forme criminose di reclutamento e organizzazione della manodopera. Lo sfruttamento riguarda persone in stato di necessità costrette ad accettare condizioni di vita degradanti. I trattamenti vessatori e umilianti ai quali sono sottoposte si traducono in piena dipendenza, servitù, dai caporali, fino a casi di vera e propria schiavitù.
Lo Stato dispone di vari mezzi di contrasto. Le integrazioni apportate al Codice penale nel 2016 dalla legge 199, con l’ampliamento degli strumenti investigativi, l’aggravamento delle pene per i caporali, le sanzioni a carico dei datori di lavoro coinvolti e le confische in caso condanna (art.603 bis), e il successivo provvedimento di emergenza (art.16, legge 123 del 2017), con la nomina di Commissari straordinari per fronteggiare il degrado dei Comuni di Manfredonia (Fg), San Ferdinando (Rc) e Castel Volturno (Ce) per la presenza di 'ghetti' e criminalità, sono stati funzionali alla repressione. Hanno consentito di moltiplicare gli accessi ispettivi (5.806 nel 2019) e le sospensioni di attività imprenditoriali illecite. Dai dati sulle operazione di polizia giudiziaria svolte dal Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro, emerge come nel 2019 siano state denunciate 324 persone, di cui 99 in stato di arresto, con 1.488 lavoratori coinvolti, di cui 751 in nero.
Sul piano della protezione delle vittime sussistono invece inadeguatezze e disparità di trattamento. Per esempio, le tutele sono più incisive se lo sfruttamento riguarda chi è anche vittima di tratta (vietata dall’art.600 del Codice), più attenuate nel caso di immigrati irregolari ai quali andrebbe accresciuto il sostegno quando denunciano gli sfruttatori, come raccomanda il Consiglio per i diritti umani dell’Onu.
Quanto alla politica di prevenzione, i risultati non sono stati soddisfacenti. Persiste un tipo di tratta finalizzata al reperimento di operai da coartare nelle filiere agroalimentari e il caporalato si è diffuso in quasi tutto il territorio nazionale, con la sempre più frequente presenza di criminalità organizzata. Si stimano tra 200mila e 400mila i lavoratori coinvolti (l’80% stranieri), pagati attorno a 2 euro l’ora.
La 'Rete di lavoro agricolo di qualità' non ha avuto il successo atteso. Istituita sin dal 2014 presso l’Inps, privilegia le aziende che impiegano manodopera con modalità trasparenti e conformi alle leggi sul lavoro, sottraendole alla vigilanza ispettiva. Ma alla fine di gennaio 2021 gli iscritti alla Rete erano appena 4.506 su un potenziale di 120 mila aziende e oltre 200mila coltivatori. Per funzionare è necessario accrescere le 'Sezioni territoriali' in grado di assicurare idonei servizi alloggiativi e di trasporto ai lavoratori e sedi di incontro tra domanda e offerta di lavoro favorendo l’emersione del 'lavoro nero' che alimenta le pratiche commerciali sleali vietate dalla Direttiva europea 633 del 2019. Resta cruciale, però, il ruolo etico dei consumatori chiamati a preferire i prodotti delle imprese virtuose che operano in regime di legalità richiedendo alle catene di distribuzione commerciale di indicare nelle etichette il prezzo di origine pagato al produttore per evidenziare il peso delle successive intermediazioni.
Un contributo rilevante alla prevenzione è affidato alle 'Azioni prioritarie' messe a punto per le aree più critiche dal Tavolo Operativo istituito con il decreto legge 119 del 2018, presieduto dal Ministero del lavoro, e tradotte nel 'Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-22)'. Con una dotazione di 89 milioni di euro, il Piano si propone, tra l’altro, di mappare il fabbisogno di lavoro nelle principali culture per arrivare a una gestione più mirata dei flussi migratori.
Solo se coadiuvata da comportamenti individuali animati dal rispetto dei diritti umani e della dignità della persona non asservibili alla mera logica del profitto, l’azione pubblica riuscirà a rimuovere una piaga inaccettabile per una società civile.
Giurista, ordinario di Teoria e politica dello sviluppo già Università di Camerino