L'economia di Francesco e la «rivoluzione impact»
venerdì 4 dicembre 2020

Caro direttore,

illuminano davvero la strada le parole recenti su Terzo Settore e filantropia di Francesco, che conferma la sua ostinata vocazione alla riflessione sociale ed economica, vera e propria cifra del suo magistero. «Non sono palliativi», ha detto il Papa del mondo del non profit e della filantropia. Se vogliamo davvero edificare un mondo nuovo, la cura è radicale, trasformativa, profonda. Perché una cura serve e d’urgenza. Il mondo della finanza è malato da tempo. E riconosce quasi esclusivamente una sola dimensione: il profitto. Non si può delegare, però, al Terzo Settore e alla filantropia la exit strategy di un capitalismo che ancora non incorpora strutturalmente la dimensione del valore, che produce o che distrugge. Se davvero vogliamo uscire da questa crisi con una 'consapevolezza aumentata', va fatto un salto di paradigma.

È l’impatto il fattore che dovrebbe informare ogni decisione finanziaria. Solo un nuovo capitalismo, capace di mettere al centro la impact economy, consentirebbe una evoluzione strategica del funzionamento dei mercati dei capitali, orientando gli investimenti oltre le due dimensioni del rischio e del rendimento, aggiungendo sempre la terza dimensione dell’impatto ambientale e sociale generato. Non possiamo caricare sulle spalle del Terzo Settore e della filantropia il fardello dell’umanizzazione del sistema economico verso maggiore giustizia sociale e ambientale. Né possiamo chiedere al mercato di rinunciare alla dimensione profit.

Certo, il Terzo Settore continua a essere un miracoloso apripista di nuovi modelli e un formidabile costruttore di welfare avanzato. Ne sono convinta da sempre: una maggiore cultura d’impresa nel Terzo Settore e tra le organizzazioni non profit, con la leva indispensabile del sostegno pubblico, può aprire uno spazio innovativo di costruzione del nostro welfare sia in termini di sostenibilità finanziaria e corretto impiego delle risorse, ma anche e soprattutto di incisività nella risposta ai bisogni. Un Terzo Settore a vocazione sempre più manageriale può essere più efficiente nel contrasto concreto, quotidiano alle disuguaglianze e nel fronteggiare questioni sociali brucianti come la disoccupazione crescente, il divario generazionale e di genere, le povertà educative, i servizi socio-sanitari per gli anziani carenti, lo spopolamento delle aree interne. E la lista potrebbe continuare. Ma innovare il Terzo Settore e il mondo della filantropia non basta. Ed è proprio a questa insufficienza che sembra riferirsi il richiamo di papa Francesco sui 'palliativi' diversi dalla cura.

Per costruire un capitalismo che abbandoni la deriva speculativa e che incorpori sistematicamente il tema del 'giusto profitto', la strada è quella di consolidare la dimensione dell’impatto sociale e ambientale, nella finanza, nei mercati, in ogni scelta di investimento. Quelle del Papa sono parole importanti per il movimento impact internazionale, che da alcuni anni è coordinato da una cabina di regia mondiale, il Global Steering Group for Impact Investment, di cui l’Italia fa parte attraverso la rete Social Impact Agenda. Per la prima volta, sono gli attori principali del capitalismo (asset managers, fondi e investitori) i protagonisti di una nuova stagione di 'autoriforma', basata su uno schema cooperativo tra pubblico e privato. In cui il pubblico fissa gli obiettivi e i privati contribuiscono a realizzarli, incorporando nel loro orizzonte di business l’impatto generato. Fino a misurarlo nella contabilità, a renderlo tracciabile nei bilanci. Proprio per questo, sono al lavoro in Italia e nel mondo gruppi di impact leaders che chiedono ai governi di moltiplicare anche nelle legislazioni nazionali le iniziative capaci di scommettere su strumenti pay-by-result (obbligazioni con cui il settore pubblico raccoglie investimenti privati per pagare chi gli fornisce servizi di welfare, ndr) come outcome based contracts (Obc) e social impact bonds (Sib). Se i progetti oggetto di investimento raggiungono i risultati prefissati, l’investitore ha un ritorno economico e la comunità ha un ritorno ambientale o sociale.

Si tratta di tenere insieme, come peraltro sancisce l’articolo 41 della nostra Costituzione, libertà d’impresa e utilità sociale. Anche grazie al continuo incoraggiamento dell’economia di Francesco e alla centralità che il Papa sta restituendo alla Dottrina sociale della Chiesa, questa volta non possiamo sbagliare.

Presidente di Human Foundation e Social Impact Agenda

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: