Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è da ieri sera in visita privata a Parigi dove oggi incontrerà il presidente francese Emmanuel Macron. I rapporti fra Italia e Francia sono «solidi e secolari: insieme abbiamo costruito l’Unione europea», rimarca il capo dello Stato, archiviando recenti dissidi. L’occasione è data dall’inaugurazione della mostra Naples à Paris. Una rassegna di straordinario valore artistico, che vedrà esposte al Louvre 60 opere appartenute alle collezioni dei Borbone e dei Farnese del museo Capodimonte, e di grande valore simbolico. Perché suggella proprio nel prestigioso museo parigino – al centro di una eterna querelle, in larga misura priva di fondamento, sulle opere italiane esposte, prima fra tutte la Gioconda di Leonardo – il rapporto di collaborazione Roma- Parigi che ha portato alla stipula del Trattato del Quirinale da parte del governo Draghi, dopo quasi 4 anni di gestazione.
Sulla scrivania di Mattarella l’invito figurava da più di due mesi, ma ha atteso il superamento dello spiacevole nuovo “caso” scaturito dalle parole del ministro dell’Interno francese Darmanin che aveva dato dell’«incapace» a Giorgia Meloni, per la gestione del tema migranti. Nessun “doppio registro” in politica estera, ma pieno sostegno del Quirinale, nel rispetto dei ruoli, alle buone ragioni italiane. Cosicché dopo il positivo colloquio Meloni-Macron al G-7 e quello di Tajani con l’omologa Colonna, Mattarella ha finalmente programmato la visita che lo vedrà oggi anche ospite a pranzo dal presidente francese. Ed è una bella notizia che i rapporti Italia-Francia rientrino sui binari di quella “cooperazione bilaterale rafforzata” tracciata dal Trattato proprio in coincidenza con la missione di pace a Kiev del cardinale Matteo Zuppi.
Perché se la strada verso la pace è lunga occorre decidere al più presto se iniziare a percorrerla o se andare nella direzione opposta che conduce all’abisso. E per farlo il primo passo non può che essere una ripresa dell’iniziativa europea, per la vocazione pacifica che sottende al progetto unitario, ma soprattutto per essere l’Europa l’attore geopolitico più vicino al teatro del conflitto, nella prospettiva da tutti auspicata di circoscriverlo. Il premio Paolo VI consegnato a Mattarella personalmente dal Pontefice, l’insistenza in questi ultimi giorni sul tema della pace, da parte del capo dello Stato, sono un altro passettino significativo nella direzione giusta. Quando il capo dello Stato evocava la Pacem in terris di Giovanni XXIII e il memorabile discorso all’Onu del Pontefice successore il riferimento all’attuale tentativo vaticano era evidente.
Confermato dall’«interesse e attenzione» manifestato da Mattarella qualche giorno dopo, in occasione del 2 giugno, per i «tentativi di individuare sentieri di dialogo per giungere alla pace». Tentativi informi, apparentemente privi di sbocchi operativi, o persino confliggenti fra loro. E che però, un giorno, potrebbero risultare convergenti. Per l’Europa proprio Macron ci ha provato più di altri, senza successo e certamente anche a lui – oltre che alla Santa sede, o anche alla Cina – si riferiva Mattarella, e non è un caso che, nelle celebrazioni della Festa della Repubblica, pur ribadendo pieno sostegno a Kiev, il capo dello Stato abbia citato per intero un solo articolo, l’articolo 11 sul ripudio della guerra, come “perno” della Repubblica.
Chi se non l’Europa, e chi, nel suo ambito, se non l’Italia – per ragioni costituzionali, culturali, religiose e per tradizionale impostazione della politica estera – può dare impulso al processo di pace? Il governo, a quanto risulta, non ha mancato di dare pieno sostegno, sul piano diplomatico e della sicurezza, al tentativo in corso del presidente della Cei, e la premier Meloni ha ringraziato il Papa, alla presenza di Zelensky, per il suo impegno. Ora, certo, non c’è solo l’Europa, ma se si instaurano rapporti di collaborazione anche con Londra, che ha scelto di starne fuori, o con il fronte dell’Est che frena sul processo unitario e mantiene contatti stretti con l’asse anglo-americano, se si vuol davvero favorire un processo di pace si tratta innanzitutto di rilanciare il rapporto fra gli Stati fondatori dell’Unione, alleata della Nato, ma non subalterna.
Ricordando proprio le parole del Papa circa l’«abbaiare della Nato alle porte di Mosca» serve oggi più che mai «un’Italia autorevole protagonista in quell’Unione Europea che abbiamo contribuito a edificare», usando le parole di Sergio Mattarella. « Remando tutti nella stessa direzione», usando quelle di Giorgia Meloni. A più riprese Mattarella ha ricordato che il conflitto non deve inficiare l’amicizia fra il popolo italiano e quello russo. E viene in mente il gesto non da tutti compreso, e invece profetico, dell’infermiera ucraina e della sua amica russa a portare la croce insieme alla via crucis dello scorso anno. « La cultura russa è parte integrante di quella europea », disse alla Scala il capo dello Stato. E ripartire dalla cultura, come avviene oggi a Parigi, è la strada giusta.