Caro direttore, scene di gioia ed euforia sono così rare nel 2020 che non possiamo permetterci di ignorarle. Sabato 7 novembre 2020, quando, dopo giorni di suspense, i media statunitensi hanno annunciato la vittoria di Joe Biden, in decine di città del Paese, i veri protagonisti sembravano essere i lavoratori delle poste, acclamati dalle folle per il loro ruolo vitale nella consegna delle schede elettorali. Ovviamente, è gratificante vedere acclamati dei lavoratori. Dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19, milioni di persone si sono abituate ad applaudire gli operatori sanitari dalle finestre di casa. Ma questa ondata di sostegno pubblico non si è tradotta nel cambiamento necessario. Mentre il mondo deve affrontare ondate successive dell’epidemia, infermieri e medici, già esausti, devono continuare a implorare per ricevere mezzi sanitari, dispositivi di protezione e personale di rinforzo.
Che si tratti di personale degli uffici postali, infermieri o insegnanti, i lavoratori dei servizi pubblici hanno bisogno di più che un applauso. È tempo che la popolazione chieda conto ai leader che hanno attuato politiche di austerità e di privatizzazione, sostenendo di non avere più i mezzi per finanziare servizi pubblici di qualità. In realtà, il denaro a disposizione è più che sufficiente. Ma è stato sottratto ai nostri servizi pubblici e trasferito verso i conti bancari offshore delle multinazionali e dei super-ricchi. E le somme in gioco sono gigantesche. Il Rapporto 'State of Tax Justice 2020’’, pubblicato dalla rete sindacale internazionale Public Services International assieme a Tax Justice Network e Global Alliance for Tax Justice, rivela che il mondo perde ogni anno oltre almeno 360 miliardi di euro di tasse a favore dei paradisi fiscali offshore.
Di questa cifra, quasi 207 miliardi di euro sono andati persi a causa delle manipolazioni di multinazionali, che dichiarano gran parte dei loro profitti in Paesi con tasse molto basse. I miliardari incuranti e indifferenti alla giustizia sono responsabili del resto, nascondendo nei paradisi fiscali redditi e beni non dichiarati. L’impatto di queste perdite fiscali è devastante. A livello globale, equivale allo stipendio annuale di oltre 34 milioni di persone ogni anno, ma ha conseguenze molto maggiori nei Paesi a basso reddito. L’Italia perde ogni anno il 18,7% di quanto il Paese spende per la sanità. Una cifra equivalente, per dare un termine concreto di paragone, agli stipendi di oltre 841.000 infermieri. Quando una società tollera l’abuso fiscale da parte di entità multinazionali e di singole persone ricchissime, i nostri servizi pubblici sono compromessi. I tagli al Bilancio rendono illusorio che siano universali, accessibili, sostenibili e mantengano la loro qualità. Ed in definitiva, giustificano la privatizzazione senza garanzie, secondo logiche di profitto spesso brutali.
Eppure, niente di tutto questo è inevitabile. Il coronavirus ha ricordato a tutti i governi, di ogni colore, quanto siano essenziali i servizi pubblici. Rivalutarli non solo è possibile, ma è anche molto popolare. Ad esempio, in Grecia il 98% ha votato per fermare la privatizzazione della rete idrica di Salonicco, come del resto accadde in Italia nel 2011. Dal 2000 più di 2.400 città in 58 Paesi hanno riportato essenziali servizi sotto il controllo pubblico (www.tni.org/en/futureispublic). L’unico modo per reperire i fondi necessari per affrontare il Covid-19 e favorire la ripresa è cambiare le regole del gioco, in modo che tutti paghino la loro giusta parte per servizi pubblici di qualità. Ciò richiede una forte cooperazione internazionale per porre fine alla corsa al ribasso delle tasse, adottando un’imposta sulle società con un’aliquota minima uguale a livello globale, costringendo al contempo le società multinazionali a dichiarare i loro profitti (e a pagare le imposte corrispondenti) nei Paesi in cui operano, non in quelli che forniscono loro indirizzi di comodo. Nel frattempo, i Paesi possono decidere unilateralmente l’introduzione di imposte sugli utili in eccesso delle imprese che con la pandemia stanno realizzando enormi profitti, compresi i giganti della tecnologia e della farmaceutica. Gli Stati potrebbero anche introdurre tasse sulla ricchezza per finanziare la risposta al Covid-19 e affrontare le disuguaglianze che la pandemia ha esacerbato. Ricchezza è mantenere le nostre società fiorenti, le persone vulnerabili in vita, e le nostre imprese in attività: per questo dobbiamo impedire che le risorse si nascondano nei paradisi fiscali.
Segretaria generale di Public Services International (Psi)