Prima di rispondere vorrei premettere che la politica di allargamento dell’Unione europea risponde essenzialmente alle legittime aspirazioni delle popolazioni del nostro continente di unirsi in un comune progetto democratico. Possiamo anche dire che l’allargamento è anche una delle ragioni per cui l’Ue è stata insignita del prestigioso Premio Nobel per la pace. Ma non è tutto. L’allargamento continua a essere importante perché fa parte della soluzione alle sfide che ci attendono, non del problema. L’allargamento promuove la stabilità economica e finanziaria e sostiene l’aumento degli scambi e delle opportunità commerciali per i Paesi candidati; il che, con le nostre economie interconnesse, risponde all’interesse di tutti, traducendosi in maggiore crescita e in più posti di lavoro.
Nei sette anni precedenti l’ultimo allargamento, ad esempio, gli scambi tra l’Ue-15 e i Paesi che hanno aderito nel 2004 e nel 2007 sono triplicati, e questa tendenza continua. Non si tratta solo di affrontare delle sfide economiche – si tratta anche di creare un polo di pace e stabilità in una regione circondata da un vicinato sempre più fragile dopo i disordini della primavera araba. Da questo punto di vista abbiamo già ottenuto risultati considerevoli. Prendiamo i Balcani occidentali, ad esempio. Meno di vent’anni fa questa regione era sinonimo di distruzione e disperazione. Adesso sta consolidando la pace e la stabilità attraverso una chiara prospettiva europea: la Croazia dovrebbe aderire nel 2013 e i negoziati con il Montenegro sono avviati. I Paesi democratici europei che vogliono far parte dell’Ue devono essere in grado di aderire senza introdurre problemi aggiuntivi. Abbiamo fissato condizioni rigorose per l’adesione. Abbiamo tratto alcuni insegnamenti dagli allargamenti precedenti che hanno messo in luce l’importanza di adoperarsi per rafforzare le istituzioni democratiche, lo Stato di diritto e la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata.
La nostra attenzione per lo Stato di diritto e lo sviluppo economico è un elemento chiave per garantire la stabilità e ridurre i rischi di immigrazione clandestina e di infiltrazioni ad opera della criminalità. Lavoriamo sul presente, ma anche sul futuro. Vogliamo essere certi che i Paesi che diventeranno membri saranno in grado non soltanto di applicare pienamente le norme dell’Ue, ma anche di affrontare le sfide che si prospettano. Mi riferisco in particolar modo alla governance economica, un ambito in cui l’Unione europea ha intrapreso cambiamenti di vasta portata. È importante che i Paesi dell’allargamento partecipino il più possibile a questo processo, perché questo li aiuterà a predisporre norme finanziarie e bilanci solidi e a fare ordine al loro interno prima dell’adesione. Questo andrà a beneficio anche dell’Unione europea, considerata l’interdipendenza delle nostre economie.
La nostra politica di allargamento sta determinando una profonda trasformazione democratica ed economica nei Paesi candidati all’adesione, che agisce da catalizzatore del cambiamento e che li sta trasformando positivamente. Questa trasformazione si fonda sulle stesse pietre miliari su cui è costruita l’Unione. Fa parte della nostra visione di un’Europa inclusiva, è per così dire nel nostro Dna. Nell’arco di 55 anni siamo passati da sei paesi fondatori a 27 Stati membri, che presto saranno 28. Intendiamo procedere con l’allargamento, ma con cautela, assicurandoci che i Paesi siano pronti ad aderire a pieno titolo e tenendo sempre a mente la necessità di preservare la costruzione dell’Ue.