Caro direttore,
quanto è chiara, lampante e giusta l’analisi che Francesco Riccardi ha scritto il 25 gennaio. L’assegno di invalidità di 279 euro mensili, così misero, non risponde al dettato costituzionale e non permette a nessuno, soprattutto a un inabile, una vita dignitosa. Questo lo dobbiamo gridare con forza, in quanto i malcapitati sono sottoposti a una ingiustizia mostruosa. Le porto un’esperienza personale: ho un bellissimo e amato figlio che purtroppo è invalido al 74%, soffre di forti crisi di ansia, depressione, panico. Ha impiegato ben 3 anni per ottenere il riconoscimento dell’invalidità: certificati, controlli severissimi, ricorsi, tanti soldi che noi genitori pensionati abbiamo dovuto sborsare per il riconoscimento di un suo diritto. Poco tempo dopo che ha iniziato a percepire l’assegno dall’Inps, gli sono stati richiesti altri certificati (peraltro già in loro possesso), e ci sono voluti altri soldi ed altri giri per gli uffici: quando finalmente li ha consegnati, l’Inps ha messo la scusa di un piccolo ritardo nella presentazione per annullargli il misero assegno; sono quasi 2 anni che mio figlio non percepisce neanche un euro! Siamo ricorsi a un avvocato che ci ha chiesto una bella somma: la causa inizierà alla fine di marzo.
Teodora Ciampa, Roma
Caro direttore,
a nome e per conto del Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) fondato dal 1970, e della Fondazione promozione sociale onlus, costituita nel 2003, che operano a tutela delle esigenze e dei diritti delle persone non autosufficienti e quindi impossibilitate ad autodifendersi, esprimiamo le più vive congratulazioni in merito all’articolo di Francesco Riccardi 'Tutele da rivedere. Il vero scandalo degli invalidi: l’assegno di 279 euro' in cui viene presentata la drammatica situazione di questi nostri concittadini. Al riguardo abbiamo scritto diversi articoli sulla nostra rivista 'Prospettive assistenziali' per sottolineare l’esigenza di un adeguamento dell’assegno e della priorità da assegnare a tale intervento. Cordiali saluti.
Maria Grazia Breda, Andrea Ciattaglia, Giuseppe D’Angelo e Francesco Santanera
Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)
Caro direttore,
a proposito della corposa inchiesta sugli assegni di invalidità scritta da Francesco Riccardi vorrei sottolineare come il tema vada inquadrato nel più generale contesto previdenziale. Se è vero, come è vero che ci sono in pagamento pensioni d’oro o d’argento, il cui importo può essere venti volte l’importo degli assegni di invalidità civile, pari a 279 euro mensili, dobbiamo concordare che, nella realtà attuale, è doveroso un contributo di vera solidarietà dei primi verso gli indigenti. Ma l’esame dei circa tre milioni di interventi sociali per disabilità necessita pure di qualche precisazione. I soggetti che percepiscono soltanto il richiamato assegno di invalidità civile sono una esigua minoranza. Infatti, con il riconoscimento dell’inabilità totale (100%) il reddito – pure coniugale – da non superare è di circa 16.500 euro. L’indennità di accompagnamento, concessa principalmente agli anziani divenuti inabili, non prevede limiti di reddito, sia personali che dell’eventuale coniuge. Soltanto tenendo conto del quadro complessivo possiamo sollecitare la soluzione del problema. Cordiali saluti
Giuseppe Delfrate Chiari (Bs)
Ringrazio per l’attenzione e l’apprezzamento dei lettori – espresso anche in diverse telefonate alla redazione – e sollecitato dal direttore aggiungo solo un paio di parole alle lettere che abbiamo dovuto molto sintetizzare. È vero, come dice il gentile signor Delfrate, che la questione dell’assegno di invalidità è da inserire nel più generale quadro dell’assistenza e della previdenza. Proprio per questo sarebbe necessario in qualche modo 'disboscare' la selva di provvidenze diverse che caratterizza questo segmento e uniformare i diversi trattamenti per gli invalidi. Che, ribadiamo, non possono restare troppo al di sotto della soglia di povertà assoluta. Ciò che stupisce però è l’assoluto silenzio e la disattenzione del mondo politico su questo tema. Evidentemente lo stigma lasciato dai (pochi) casi di false invalidità fa sì che i rappresentanti di tutti gli schieramenti evitino accuratamente di fare proposte di aumento dell’assegno per non apparire difensori dell’assistenzialismo (e delle vere e proprie truffe), quando invece si tratta più semplicemente di ricostruire una piccola porzione di equità sociale. In questi ultimi giorni, poi, il presidente dell’Inps ha proposto che l’indennità di accompagnamento sia corrisposta solo ai redditi più bassi e non più a tutti i soggetti che necessitano di assistenza. Si tratta di un’altra questione fondamentale che rischia di aprirsi, perché è certamente giusto e doveroso riservare maggiore attenzione a chi ha scarsi mezzi, senza però mai dimenticare il peso che moltissime famiglie sopportano per assistere parenti anziani e figli disabili. Anche quelle con redditi medi, che non meritano di venire penalizzate. Per una questione di equità, anzitutto. Ma anche di convenienza per lo Stato, che si ritroverebbe a dover assicurare assistenza qualificata negli istituti a milioni di anziani e ragazzi disabili, oggi curati con amore in casa, anche grazie alla (pur scarsa) indennità di accompagnamento.