La mia città non è sinonimo di pandemia, ma di resistenza al Covid Ogni qualvolta un giornale (sbagliando) scrive del «campo di sterminio polacco di Auschwitz», l’ambasciata di Varsavia in Italia (giustamente) precisa che si tratta di un «campo di sterminio nazista realizzato nella Polonia occupata» e che la Polonia ha dovuto subire.
Per questo fa specie che a ogni occasione, quando si deve sintetizzare la tragedia dei contagi da coronavirus finiti fuori controllo, si utilizzi sempre la parola 'Bergamo'. Che è anche la mia città. Sia chiaro: è innegabile che quei camion che sfilavano nel buio della notte li abbiano visti ovunque, nei cinque continenti. Ma che sempre si identifichi una città e una terra come la culla del dramma, è eccessivo e urtante e non solo per il sindaco Giorgio Gori, ma anche per quelli che lo hanno eletto e rieletto o che non lo hanno mai votato, ma a Bergamo ci vivono. Mai il termine 'stigma' è stato più preciso in questo caso.
L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, ad appiccicarlo alla Città dei Mille è stato il governatore della Sassonia, Michael Kretschmer: «Non vogliamo permettere una Bergamo qui in Sassonia». Sorvolando sulle sofferenze che i sassoni devo aver passato in lunghi secoli di occupazioni e di conquiste e nei recenti decenni di appartenenza alla Ddr, perché continuare a identificare il Covid con Bergamo? Qualche problemino da sempre - ma di più, ora - lo hanno anche in Germania. Dove, ovviamente, non sono stati risparmiati neanche nella prima ondata, nella seconda o nella terza.
A Monaco di Baviera non hanno oggi percentuali di contagi simili a quelle del tempo dei camion militari che portavano via le bare? È stato per caso un bergamasco a dire con schietta 'delicatezza' che alla fine dell’inverno in «Germania ci saranno solo vaccinati, guariti o morti» o l’allora ministro della Sanità tedesco, Jens Spahn? Wuhan forse è stato rimosso dalla memoria collettiva, i morti sul pavimento dei corridoi del pronto soccorso di Madrid anche. Bergamo no, Bergamo ha invece subìto, resistito e taciuto. Come sempre. E, per favore, lasciatela in pace.