Cronache di frontiera. Il sole sta tramontando su Savona. Via Firenze 30. Monastero di Santa Teresa. Bella facciata della chiesa, la porta d’ingresso ha gli anni e la cura della povertà e della sobrietà. Scorre, fuori, sul lungomare la nostra vita: coppie felici con i figli insieme; donne infelici per i mille motivi che popolano le nostre giornate, immigrati che ti offrono di tutto, uomini e donne della buona borghesia con la pelliccia di visone e le borse vere firmate, mendicanti autentici o intruppati in qualche oscura organizzazione criminale, e le scale che si arrampicano verso una casa di Dio che oggi, è domenica pomeriggio, nessuno sale.
La porta si apre con uno scatto che simula l’apertura a un mondo che non sembra appartenere a questo società, con Trump che blocca i rifugiati, l’Ungheria e la Macedonia dei muri, Putin che provoca l’Europa e l’Europa che riscopre tutti gli egoismi nazionali. Intorno tutto tace. Ognuno consuma le sue ore di distensione come crede. Poi, all’improvviso, i vetri dietro a una grata si aprono. Sono le 17,35. Voci genuine e giovani innalzano i loro suoni a Dio. Incredibile. Mentre la Chiesa vive il suo travaglio millenario, papa Francesco ci invita a non possedere perché chi possiede vorrebbe sempre di più, le cronache raccontano storie dolorose e vergognose di qualcuno che ha perso la dignità, qui a ridosso di una città che rinasce, una decine di donne prega. Prega con anima e cuore.
Prega nonostante le tante storie di incredibile ignavia e di degradazione che ci circondano. Basta leggere i giornali. Prega nella purezza dell’offerta a Dio di una vita. Arrivano gli echi degli inviti del Papa a cancellare la burocrazia che aumenta la sofferenza dei deboli. Arrivano insieme ai dubbi e alle tante difficoltà che accompagnano le nostre ore nell’autentica voglia di accoglienza. Fuori ci sono le parrocchie che aprono gli oratori, i vescovadi che rinunciano alla loro inviolabilità per accettare nuovi protagonisti dell’Exodus epocale che tutti, prima o poi, ci sta interrogando.
Nessuno nega le difficoltà, i timori, le paure, ma lì, oltre la grata, in una chiesa che non ha nulla di più di un crocefisso, un altare, il Santissimo, l’immagine di Santa Teresa, ci sono persone che declinano i salmi. È questa la vera, grande, incredibile ricchezza di una «Chiesa in cammino» e della «Chiesa in uscita»... È tutto vero: il vescovo Nunzio Galantino che dice alla politica italiana «non avete saputo fare il vostro mestiere»; il cardinal Angelo Bagnasco che chiama a raccolta il popolo che crede veramente; i volontari che si battono con la Caritas dappertutto per arginare il disagio degli italiani e dei nuovi arrivati. È tutto vero. Sono veri i dubbi di chi crede, ma non ha coraggio di schierarsi; sono vere le remore di chi sceglie, colpevolmente, l’indifferenza; e quelle di chi, con l’aiuto di Dio, porge le mani alle mani tese. È tutto vero. Il grande dibattito sull’atteggiamento verso i gay; lo slancio di chi chiede un maggior spirito di misericordia verso le coppie civili, i divorziati, i risposati. Certo, è vero il tramonto splendido che sfiora ed illumina la raffineria (quella delle due torri a calzamaglia) che, forse, ha ancora qualche problema giudiziario.
Ma sono vere anche le fatiche di chi, in questa domenica d’inverno, a fatica, supera i gradini per arrivare al monastero nel silenzio della sera incipiente. È tutto vero. Ma più vero, quasi incredibile, è il corso di quelle voci che salgono verso il Signore. Sono la prova vivente di una preghiera che illumina, rischiara, purifica, avvolge e coinvolge. Poi le monache, carmelitane scalze, torneranno alla loro cena, parca e genuina. Torneranno, certo, con la serenità di una carezza di Dio che le aiuterà e aiuterà tutti a trovare le soluzioni più giuste. Un bel tramonto, un tramonto giusto.