E in questo senso non è certo una nuova creazione perché nulla avrebbe a che vedere con il sacramento sacerdotale. Né potrebbe essere considerata come il primo passo. Può quindi servire davvero, adesso, alla Chiesa di oggi, con le sue ricchezze e le sue debolezze, un ministero diaconale ecclesialmente riconosciuto e affidato alle donne, prendendo spunto e ispirazione da quello esercitato dalle diaconesse dei primi secoli? Fuori da questa attenzione sollecita alle esigenze reali dell’opera apostolica del tempo presente, anche le parole, sempre stimolanti ed evangeliche di Francesco, rischiano di essere 'strattonate' da una parte e dall’altra in dibattiti sterili. Nella 'provocazione' di papa Francesco sulle diaconesse non c’è quindi in gioco l’apertura – da imporre o da esorcizzare – al sacerdozio femminile nella Chiesa cattolica, e nemmeno la necessità di inventarsi nuove 'carriere' da distribuire in via riservata all’altra metà del cielo per risarcimento di secoli di clericalismo declinato solo al maschile. La provocazione di papa Francesco ha come punto sorgivo la sollecitudine apostolica che vibra nelle pagine della
Evangelii gaudium. Che cosa serve, che cosa può essere utile, oggi, alla missione affidata alla Chiesa nel tempo presente? Si può trovare vantaggio nella riattualizzazione di forme e istituzioni fiorite nella Chiesa dei primi secoli, per tanti aspetti così simili al tempo che stiamo vivendo? Il criterio del discernimento, sempre seguito da Papa Francesco, è lo stesso che fu caro al Concilio Vaticano II: tornare alle sorgenti, valutando tutto con la libertà dei figli di Dio, nella fedeltà al Vangelo.
Stefania Falasca © RIPRODUZIONE RISERVATA