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Appartengo anch’io alle generazioni nate nel decennio successivo alla entrata in vigore della Costituzione della Repubblica e certo per molti anni – dall’infanzia alla giovinezza – non avrei mai potuto immaginare che un giorno in Italia il razzismo avrebbe avuto corso. Voglio dire che semplicemente si pensava che non una minoranza, non un’infima minoranza, ma assolutamente nessuno sarebbe mai stato razzista nell’Italia del XX secolo e tanto più nell’Italia del Terzo Millennio. Così non è avvenuto. E per quanto questa constatazione sia un profondo choc, per quanto possa sgomentare, sconcertare e suscitare costernazione, dobbiamo prenderne atto. E dunque affrontare questa decadenza morale, culturale e religiosa e contrastarla con tutte le nostre forze, come esseri umani dotati di ragione e di cultura, come cittadini d’Italia e come cristiani: essendo evidente che il razzismo è una blasfema negazione dell’unico e vero Dio, creatore, in Adamo ed Eva, di tutta l’Umanità.
Sul piano civile occorre allora ricordare da dove è nata e su cosa di fonda la Repubblica (e la sua Costituzione): è nata dalla gigantesca catastrofe che fu la II Guerra Mondiale. Cosa era in gioco in quel conflitto? Per cosa si combatteva? Non certo per qualche ingrandimento territoriale, ma per stabilire quale dovesse essere l’Ordine Mondiale. Da una parte le potenze dell’Asse (Germania nazista, Italia fascista e Giappone militarista) volevano un Ordine Mondiale gerarchico, con al vertice le cosiddette razze superiori, ciascuna con il suo 'spazio vitale', al di sotto le razze inferiori, schiavizzate (gli slavi), al di sotto ancora le razze degenerate (ebrei e zingari) da annientare totalmente. Dall’altra parte le Nazioni Unite (Regno Unito, Francia, Usa, Urss, Cina), rifiutando questa vergogna razzista, volevano un Ordine Mondiale ugualitario, in cui tutti i popoli e nazioni fossero ammessi su un piano di uguaglianza. Per grazia di Dio, il piano dell’Asse fu sconfitto e si ebbe un Ordine Mondiale che portò alla nascita dell’Onu e alla proclamazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948). Analogamente in Italia, dopo una guerra che fu pure fratricida, sconfitto il totalitarismo fascista e razzista, ci furono la nascita della Repubblica e la proclamazione della Costituzione (1948).
Oggi il sistema politico mondiale è cambiato (non c’è più l’Urss), ma il sistema istituzionale mondiale – pur con le sue debolezze – è sempre basato sull’Onu (e sulla Dichiarazione universale). Anche in Italia il sistema politico è cambiato e non abbiamo più i partiti del dopoguerra. Ma il sistema istituzionale è sempre fondato sulla Repubblica e sulla Costituzione. E i Princìpi fondamentali, che reggono la Costituzione e perciò la possibilità stessa di essere una Patria unita, affermano: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» (art. 3, primo comma); «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge» (art. 10, terzo comma).
È chiarissimo che la formulazione dell’art. 3 fu stabilita dai Costituenti per condannare e rifiutare il razzismo passato, presente ed eventualmente futuro, per ripromettersi, come italiani, di non peccare mai più di razzismo, per mettere fuorilegge il razzismo sotto qualsiasi forma (pregiudizio razziale, propaganda razziale, odio razziale, discriminazione razziale, violenza razziale). Per farlo si usa il termine 'razza'. Nessuna sorpresa: linguaggio chiaro per rispondere a chi formulava l’ideologia dell’ineguaglianza gerarchica fra razze umane (che questo è il razzismo). L’Unesco, per esempio, nel suo Atto costitutivo (del 16 novembre 1945), nell’art. 1, dichiarava «di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza rendendo più stretta, attraverso l’educazione, la scienza e la cultura, la collaborazione tra le nazioni al fine di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione, che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli». Quindi sono chiarissimi sia l’intento e lo spirito delle parole della Costituzione sia l’adeguatezza storica della loro formulazione.
Ci si chiede di nuovo, in questi giorni: ma non sarebbe opportuna, oggi, una revisione costituzionale che elimini la parola 'razza' dalla Costituzione? Non sarebbe un modo più efficace e coerente di combattere il razzismo? Ci si può riflettere: le 'razze' umane non esistono; c’è una sola specie umana. Indubbiamente non si dovrebbe usare – nelle discussioni civili, culturali e religiose e nella comunicazione di massa – un termine ambiguo e un concetto così tragicamente colpevole come 'razza'; meglio parlare di etnie con fenotipi fisici differenti (differenze che non giustificano nessuna gerarchia o discriminazione). Ma non sono convinto che sia auspicabile una rettifica del testo costituzionale, con la sua storia così nobile. Certo non ignoro le diverse dichiarazioni dell’Unesco (1950; 1951; 1964; 1967; 1978) e il loro forte imperativo anti-razzista. Ma la stessa Dichiarazione sulla razza e i pregiudizi razziali, adottata il 27 novembre 1978, dalla Conferenza generale dell’Unesco, afferma: «Il principio dell’uguaglianza in dignità e in diritti di tutti gli esseri umani e di tutti i popoli, quale che sia la loro razza, il loro colore e la loro origine, è generalmente accettato e riconosciuto dal diritto internazionale» (art. 9). Insomma se si deve condannare e interdire il razzismo (disuguaglianza gerarchica delle razze) è più chiaro ed efficace – e dunque da preferirsi – usare in modo diretto il termine 'x'.
Ciò che invece si può senz’altro auspicare è che un giudice della Repubblica trovi il modo tecnico per chiedere una pronuncia della Corte Costituzionale sull’art. 3 della Costituzione, che spieghi perché, in che senso ed entro quali limiti viene usato tale termine. E rilanci così, nel modo più solenne, l’impegno di ogni cittadino e cittadina della Repubblica – di ciascuno di noi – a contrastare la barbarie incivile e disgustosa del razzismo. Impegno al quale comunque siamo da sempre e tanto più ora chiamati, senza appello, dalla nostra coscienza di esseri umani dotati di ragione e di cultura.