La povertà che infuria e impone risposta
mercoledì 1 febbraio 2017

Anche l’ultima domenica di gennaio giunge a termine. Come sempre è stata una giornata lunga e faticosa, ma piena della grazia e della consolazione di Dio. È passata tanta gente in parrocchia, cosa che riempie il cuore del credente. Ho celebrato tre Messe e tenuto il corso di preparazione al matrimonio frequentato da molte coppie, serie, motivate, che si vogliono bene. Giovani che si rendono conto della bellezza e della complessità del formare una famiglia cristiana oggi. È già buio quando gli ultimi fedeli lasciano la chiesa. Anch’io mi accingo a imboccare la via verso casa dove mi aspetta la mia “parrocchia on line”. Un compito che svolgo volentieri: mi riposa, mi rilassa e mi stanca contemporaneamente.

Sono decine le sorelle e i fratelli sparsi per l’Italia con i quali, pur senza conoscerci direttamente, condivido il mio sacerdozio. Mi arricchiscono, mi aiutano, li aiuto. Non c’è mai un dare senza ricevere, l’abbiamo sperimentato mille volte. E nel bilancio è sempre meglio dare che ricevere. Quando inizi a farlo ti si aprono davanti orizzonti inesplorati. Provare per credere. Fa molto freddo. Ho già messo i piedi in macchina quando al buio noto una figura nera, col bastone in mano, accanto al cancello. Lo riconosco, si chiama Luigi e da qualche mese è entrato nella schiera dei senzatetto.

La casa è l’ultimo baluardo dei poveri. Anche se minuscola quanto la capanna di Betlemme è indispensabile. Perduta la casa, sui poveri, come una valanga infame, si abbatte la miseria nera. Insieme alla casa se ne va la loro dignità. Luigi adesso dorme in macchina. Solo. La compagna, malata e malandata, per non morire, ha chiesto ospitalità a una lontana parente. Imbacuccato in un cappotto enorme, la barba incolta, tenta di chiedere un passaggio. Mi fermo. Sale. «Dove vai, Luigi? Dove ti accompagno?». «A dormire, padre. Dove vuoi che vada?».

«A dormire? E dove?», «In macchina». La “macchina”, una vecchia, arrugginita utilitaria, è parcheggiata a ridosso di un marciapiede poco distante dal quartiere. È piena zeppa di coperte. Scende. Resto a guardarlo perplesso. E mi accorgo che la soddisfazione di aver fatto il mio “dovere” di prete è già svanita. La “crisi”, che sovente mi accompagna, è già ritornata. Come mi accade spesso, riprendo a litigare col Signore. So che non me ne vorrà. “Anche tu, Signore, mi hai ingannato. Mi promettesti la pace e mi ritrovo un cuore perennemente inquieto. Mi promettesti la gioia ed ecco che appena arriva, scappa di nuovo via”. Non è facile descrivere la vita, la fede, i sentimenti, la speranza di coloro che hanno accolto il messaggio di Gesù. Mai niente di scontato.

Una novità perenne, una giovinezza che non invecchia mai. Una pace sempre inquieta, un’inquietudine serena. Gioia e condivisione del dolore altrui. Preghiera e riflessione. Annuncio e denuncia. Fiducia nel Dio che ha voluto assumere la nostra natura umana; tanta rabbia e tanta pena per coloro che potrebbero risolvere qualche dramma e non lo fanno. Una riconoscenza immensa per la Chiesa santa di Dio che dopo duemila anni è più viva che mai. Con tante questioni da risolvere, con diverse anime e sensibilità da amare e amalgamare, con sulle spalle il peso di tutti gli uomini che abitano la terra e la fragilità e la generosità di coloro che accettarono di diventare “ pescatori di uomini”. Chiesa sempre santa e perennemente peccatrice, che sotto la guida dello Spirito Santo e del Pastore supremo, non soccombe e non soccomberà alle forze del male. Luigi negli anni passati ha sbagliato molto. Non ha saputo gestire la sua vita; come il figliol prodigo ha sperperato quel poco che aveva e si è ridotto a elemosinare.

Ma non è forse anche questa la vera povertà di tanti poveri? L’incapacità di essere prudenti come i serpenti e semplici come le colombe? Di progettare il futuro e seminare amore a piene mani? I poveri – tutti – ci sfidano. E con loro ci sfida Gesù, e il mondo. Accogliamo la sfida che ci fa uomini e mettiamoci all’opera. Mentre ci accingiamo a trovare una soluzione per Luigi il pensiero corre a tutti i senzatetto in giro per l’Italia. Soprattutto in queste notti in cui il freddo pungente li schiaffeggia come un forsennato.

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