Caro direttore,
una insegnante delle scuole superiori mi ha passato il testo della poesia di Caproni, scelta come spunto per una delle tracce dell'esame di maturità 2017. Spero che molti ragazzi non abbiano scartato il testo, ma abbiano reagito guardando dentro se stessi, ai loro 18-20 anni, ai loro coetanei che si battono per vivere, alle persone che li hanno amati, messi al mondo, guidati; a quello che sentono dentro di sé... Lo spero perché non voglio credere che l'inquinamento mortifero dell'anti-umano sia arrivato a cancellare dal loro centro (cuore, cervello, stomaco…) la vita che ha voglia di vivere, di investire se stessa, di “strappare a morsi” l’abito di decadimento con cui un pensiero ammalato sta cercando di coprire tutto, di soffocare aneliti, buoni desideri, di scippare la speranza.
Questa parola – speranza – sembra diventata proibita sulla china in cui si tenta di spingere l'uomo... Sganciato dall'alto, buttato via Dio, adesso gli si vuole togliere anche un luogo ove toccare il fondo e reagire, riprendere slancio. Il fondo è quell'immagine bella che, pur deturpata, inquinata, incattivita e perfino affogata, resta però indelebile per ogni uomo vivente e anche per i morti. Nessuno, infatti, potrà mai cancellare quel del sesto giorno di Genesi anche quando l'essere umano, uomo e donna, non avrà saputo amare e rispettare il "buono" dei giorni precedenti (terra, mare, creature...).
Una scuola, un Ministero dell’Istruzione, che propone questo testo a verifica di maturità di una generazione, o ha preparato bene i ragazzi ad accoglierlo profondamente e pieni di rispetto anche davanti al dolore che esprime, o li ha formati anche a sapersi difendere dal male che in esso inquina l'anima (la soluzione finale paradossale che la poesia scelta propone) o è una cattiva maestra.
E le occasioni, in anni recenti, non sono mancate intorno a questi temi dell'ecologia umana globale. Sia per prender coscienza e temere per il mondo, sia per riproporre l'uomo come colui a cui tutto è affidato perché lo ami, lo serva e lo custodisca (La Laudato si’, i Trattati di Kyoto e di Parigi...). Un'infinita letteratura laica ha applaudito a papa Francesco, ma è pauroso questo non voler considerare le fonti del suo amore a tutto e a tutti e che lui vede insite proprio nell'uomo, in ogni uomo e in ogni donna!
Francesco sa anche dire forte da Chi scaturiscono queste fonti... Non è un sogno spiritualista il suo, è una realtà da ridire, riamare, far vibrare e brillare. È un grido di ribellione a questa visione mortifera: è l'Uomo che ha riproposto anche a Firenze quando, incantato, non cessava di guardare la vetta interna della Cupola del Brunelleschi con l'immagine di Cristo-Ecce Homo.
Non ho la possibilità di verificarlo, ma mi piacerebbe scoprire che molti maturandi hanno provato a meditare e anche a mandare giù le parole amare di Caproni, ma che alla fine esse hanno provocato in loro un sano “conato” di rigetto e la voglia di altre parole...
E gli insegnanti che dicono? Una tale reazione sarebbe segno che qualcuno sa ancora equipaggiare i giovani di capacità critico-reattiva!
Da vescovo poi mi chiedo: gli insegnanti di religione cattolica se ne stanno facendo carico? Non basta essere à la page in questi giorni applaudendo tutti a Barbiana o alla Lettera a una professoressa. Che bravo don Milani! Che bravo Francesco! Ci vuole anche un pensare, un agire e un parlare costituiti di parole viventi, nuove e primitive come "buono" e "molto buono", "bene" e "male", "bello" e "brutto". L'inferno del male è reale in profondità e in superficie, come il caotico tou vabou di Genesi, che copriva e conteneva tutto, ma Dio lo ha guardato e continua a volerlo emarginare con la creazione e con l'uomo: l'una e l'altro immagine della Sua potenza e del Suo amore. L'una e l'altro capaci di bene.
C’è l’occasione per riascoltare il Cantico delle Creature dall'anima dell'uomo Francesco di Assisi o rileggere la Laudato si’ di papa Francesco, regalando semmai una copia con qualche testo evidenziato a chi... sceglie i temi di maturità.
*Vescovo di Grosseto
«Versetti quasi ecologici»
Questo il testo della poesia scelta dal Miur, contenuta nella raccolta postuma «Res Amissa».
Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra»