Non è un momento facile per le agenzie di rating, le società che danno i voti al debito degli Stati e delle imprese. La loro attività è nel mirino del dipartimento di giustizia americano, della Federal Reserve, della commissione di vigilanza sulla Borsa di Wall Street (la Sec), della commissione che controlla il mercato italiano (Consob), del regolatore europeo Esma e anche della procura di Trani. Ed è ai giudici pugliesi, la cui indagine è partita nell’agosto scorso, che si deve l’ispezione condotta ieri dalla Finanza negli uffici milanesi di Standard & Poor’s.L’inchiesta italiana, in particolare, vede indagati analisti di S&P e Moody’s, con l’ipotesi che sia stato manipolato il mercato diffondendo giudizi e rapporti falsi, o comunque imprudenti, provocando crolli in Borsa e perdite di valore dei nostri titoli pubblici. Sotto accusa alcuni report dell’estate scorsa sull’affidabilità delle banche e del nostro sistema finanziario oltre che sul peggioramento delle prospettive per il nostro debito. Rapporti diffusi, curiosamente, a Borsa aperta, che hanno così provocato forti turbolenze sui mercati. Nel mirino ci sono anche la bocciatura della manovra finanziaria di luglio, avvenuta prima che il provvedimento venisse pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e il declassamento di mezza Europa di settimana scorsa, con la bocciatura della Francia e la retrocessione dell’Italia in serie B. La accuse sono circostanziate e non peregrine. D’altra parte anche la Consob ha usato termini come «protocolli violati» e «manipolazione» per quei report.Molti hanno applaudito l’iniziativa dei giudici pugliesi, altri hanno storto il naso pensando all’ennesima inutile iniziativa propagandistica di una piccola procura. Le agenzie di rating, giusto per ricordarlo, sono quei soggetti che avevano dichiarato affidabili i bond della Parmalat, permettendo così che finissero nei bilanci di centinaia di banche e nei portafogli di migliaia di risparmiatori. Sono gli stessi che hanno dato il bollino verde a quella massa sconfinata di obbligazioni collegate ai mutui subprime americani, dunque lasciando che titoli ad altissima tossicità contagiassero la gran parte dell’universo finanziario, rendendo ancora più esplosiva la bolla immobiliare (è per questo che stanno indagando le autorità Usa). Non sono gli unici responsabili dei mali del mondo, anzi, ma in questo momento le "sorelle del rating" stanno giudicando negativamente l’affidabilità dei debiti europei, alimentando la fuga dai titoli pubblici di molti Paesi e costringendo all’angolo anche buona parte del sistema bancario. Per ogni voto sul rating che scende, infatti, ci sono milioni e milioni di euro che si spostano e cambiano tipo di investimento. Una responsabilità immensa. Forse eccessiva. Alimentando la sfiducia e la fuga di capitali, spesso è proprio il voto negativo a provocare il dissesto, di un Paese come di un’impresa.Valutare l’affidabilità di un emittente non è cosa facile. S&P emette quasi 900mila giudizi in un anno, su debiti sovrani che valgono almeno 35mila miliardi di dollari. La professionalità globale non è in discussione. Ma i conflitti di interesse potenziali restano impressionanti. Moody’s e Standard & Poor’s sono controllate da alcuni dei maggiori fondi di investimento americani, che a loro volta hanno tra i soci di riferimento alcune tra le maggiori banche Usa. I loro azionisti, dunque, sono anche gli stessi che poi ottengono i giudizi e gli stessi che devono comprare i prodotti valutati più o meno buoni. Il padrone diretto di S&P, inoltre, è un gruppo editoriale e finanziario, McGraw-Hill, che tra le varie cose diffonde rapporti petroliferi e l’indice Platt’s, il riferimento per i prezzi della benzina in mezzo mondo.Da tempo si chiede che un’agenzia nasca anche in Europa e che i rating siano indipendenti e meno vincolanti nelle scelte di investimento. Anche perché, visti gli errori di questi anni, i criteri per la valutazione dei pericoli andrebbero ripensati da cima a fondo, educando e rieducando un’intera generazione di economisti e di analisti. Chissà che in questo processo non abbia un ruolo anche la piccola procura di Trani. Augurandoci nel frattempo che i custodi del rating, così concentrati sull’eurozona, non stiano incappando nello stesso errore (di sottovalutazione del rischio) commesso con la Parmalat e i subprime.