Nelle città dell’Ucraina sotto bombardamento la maggior sofferenza della popolazione, di militari e civili, sta nel dover sopportare gli interventi chirurgici senza anestesia. Si fanno operazioni a tutto spiano, in stanze improvvisate, basta un letto addossato a un muro, i feriti sono tanti, bisogna cucire le ferite slabbrate, usare ferri inadatti, arrangiarsi, ma soprattutto il paziente non deve pretendere che gli venga alleviato il dolore, questo non è quasi mai possibile, il dolore se lo deve sorbire tutto, e buon per lui se sviene, perché lo svenimento è una forma di anestesia, chi sviene va fuori dal nostro mondo cioè dal suo corpo, e mentre lui è fuori tu medico puoi fare sul suo corpo quel che vuoi, cioè quel che devi.
È una condizione tutt’altro che rara nelle guerre, a ridosso del combattimento. Nei musei della prima guerra mondiale possiamo ancora vedere le attrezzature delle sale operatorie. Ci sono le cinghie, che servivano per bloccare e tener fermo il paziente. Può urlare fin che vuole, basta che stia fermo. Ci sono gli strumenti per tagliare, segare, cavare ed estrarre. Per segare ci son le seghe. All’osso delle gambe arrivi scarnificandolo con coltelli, ma poi l’osso lo devi segare. Pensavo che le seghe per tagliare l’osso avessero denti sottili, più sottili sono meno dolore fanno, ma nei nostri musei militari non è così: le seghe son seghe da legno, a denti lunghi e larghi. Solo a immaginare il dolore che fanno, ci viene da svenire.
Pensiamo con raccapriccio a Freud, che aveva un cancro in bocca e dovendo essere operato chiedeva che non gli fosse praticata l’anestesia. Voleva soffrire? No, ma non voleva perdere la coscienza. Il tempo che passi in incoscienza, sotto anestesia, è un’interruzione del tuo io, un tempo di non-io, tu per tutta la vita sei sempre nel tuo io tranne nel momento in cui lo elimini, l’anestesia è quel momento. Ma ci sono interventi medici o chirurgici in cui desideri l’anestesia come il paradiso.
Non riceverla è il tuo inferno. Se attraversi il tuo inferno ne esci tremando e barcollando, e il tremito ti resta fino al giorno dopo. Purtroppo ho conosciuto quei momenti, ho attraversato quegli inferni, io e mio fratello, e non lo dimenticherò mai. Succedeva quando dovevamo cavarci un dente. Allora (io sono vecchio) si andava dal dentista in due, il paziente più un fratello. Capirete presto perché. L’anestesia non c’era. E il dente veniva cavato, brutalmente, con una pinza. Il dentista scarnificava il dente scavando tutt’attorno, poi lo afferrava con una pinza e lo tirava. Se era un dente di sotto, il dentista tirava così forte che alzava la poltrona col cliente seduto sopra. Allora il cliente veniva bloccato dal fratello, che lo tirava giù, e il mio dentista, che era un bolognese, imprecava: 'Boia d’un mond leder!'.
Mio fratello era più vecchio di me di tre anni, e si raccomandava: 'Se svengo, sappi che il portafoglio per pagare il dentista lo tengo a destra'. Era un’ora di patimento barbarico. Spaccava i nervi e annebbiava il cervello. Poi si tornava a casa in bicicletta, ma chi gli era stato cavato un dente sterzava il manubrio come un ubriaco, piombando nel fosso, ora a destra ora a sinistra della strada. A casa gli veniva la febbre e si buttava a letto. Ma prima cercava un buco nella parete e ci nascondeva il dente che gli avevano cavato pregando: 'Muro muro - damme on dente piassè duro!'. Operarsi senza anestesia è un martirio. Ucraini, fratelli miei!