A tutti ci veniva spontaneo, quando leggevamo di qualche grande presidente o grande manager insignito di una onorificenza per il lavoro, domandarci come mai il lavoro dei vertici veniva sempre notato e premiato, e il lavoro della base mai. Tutti conosciamo lavoratori umili, silenziosi, nascosti, che fanno quel che devono fare con onestà, con metodo, con pazienza, senza lamentarsi mai, anzi amando il loro ruolo di benefattori ignorati.
Io avevo un collega insegnante il quale si vantava di non aver mai fatto un’assenza in quarant’anni d’insegnamento. Fare assenze è un’arte, perché devi farle senza interrompere la carriera: se chiedi due settimane di assenza dalla scuola ma non vuoi portare motivi di salute perché non hai problemi di salute e non vuoi imbrogliare, lo stesso segretario della scuola ti rimprovera, perché lo fai impazzire, un’assenza che non sia per salute interrompe la tua carriera e complica il calcolo della tua pensione.
È meglio se presenti un certificato medico falso, contando sul fatto che nessuno se ne accorga. Invece no, c’è chi va a insegnare tutti i giorni in cui si alza il sole, in autunno si vaccina per non ammalarsi, e se durante la settimana deve andar dal medico ci va nel suo giorno libero. Ma gli altri giorni, che devono essere dedicati ai ragazzi, lui o lei li dedica ai ragazzi.
Di insegnanti così ce ne sono e ne ho conosciuto. Non sono noti al preside, al provveditore, al ministero. Perché sono fatti apposta per "non essere visti". Il loro senso della morale comprende il non-mostrarsi. Non vanno tutti i giorni al lavoro perché ci sono i colleghi e c’è il preside, ma perché ci sono gli studenti. Sono questi insegnanti, sempre presenti, che conoscono gli studenti uno per uno, per nome di battesimo.
Agli scrutini può succedere che si va avanti per un’ora con gl’insegnanti che dettano i voti e il segretario che li scrive, qualche insegnante detta "cinque" poi chiede: "Ma questo ragazzo è il primo della prima fila?", "No, è della terza fila", "Allora scusate, sette". Confondono un ragazzo con l’altro. Ci sono professori che hanno più classi, e quindi un centinaio di alunni. Facile confondersi. Ma gli insegnanti che non saltano mai un giorno non li confondono. Sanno tutto dei loro studenti, anche le malattie e i problemi familiari. Se il padre lavora, o se ha perso il lavoro.
In prevalenza questi insegnanti che non s’ammalano mai insegnano nelle medie inferiori, dove il ruolo d’insegnante si fonde più facilmente con quello di padre e madre. Sono dei "secondi padri" e delle "seconde madri". La loro gioia sta nella paternità e nella maternità "educativa". Alle medie superiori, licei, magistrali, istituti tecnici, gl’insegnanti hanno altre gioie, le materie che insegnano. Ci sono insegnanti d’Italiano che aspettano con ansia che arrivi la settimana in cui leggeranno in classe e spiegheranno "O animal grazioso e benigno" o "Lo maggior corno della fiamma antica", ma gli insegnanti della media inferiore hanno traguardi meno esibizionistici e più umani: vogliono che i loro ragazzi, o ragazzini, imparino bene a leggere e scrivere. Vanno a scuola perché non possono fare a meno dei ragazzi e i ragazzi non possono fare a meno di loro. È un sacrificio, ma sono stati formati sull’idea che il sacrificio dà un senso alla vita.
Il 4 novembre è stata insignita col titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana un’insegnante di scuola media che andava in pensione e per 41 anni non aveva mai fatto un’assenza. Merita di essere nominata: Maria Filippis. Da giovane aveva studiato presso i Padri Scolopi. A mio parere, è un’ingannatrice: impossibile che in 41 anni non sia mai stata male, ma è andata a insegnare anche quando stava male. Ce ne sono altri come lei. È per loro che ha un senso sperare nel futuro.