sabato 10 settembre 2016
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Tra lunedì e giovedì prossimo, con differenze da regione a regione, comincerà il nuovo anno scolastico, ma l’inizio non si prospetta dei più semplici. Uno degli annunci solenni del presidente del Consiglio Matteo Renzi in materia di istruzione era stato, poco dopo l’avvio del suo esecutivo, quello per cui l’azione di governo avrebbe guarito la scuola italiana da una malattia cronica, la «supplentite» (per usare l’originale vocabolario del premier), vale a dire il continuo alternarsi di supplenti. Tuttavia il problema appare lungi dall’essere risolto: il dato nazionale prevede che serviranno almeno 90mila supplenti per l’avvio dell’anno scolastico. Molti ostacoli, infatti, si frappongono alla stabilità dei docenti nell’organico. La legge 107/2015 (la cosiddetta legge sulla 'buona scuola') ha prodotto un’infornata forse senza precedenti di assunzioni di docenti a tempo indeterminato. Peccato però che spesso non erano quelli delle discipline le cui cattedre erano maggiormente scoperte. La situazione a cui ci trovavamo di fronte è nota: incombevano sull’Italia pesanti sanzioni europee per la mancata stabilizzazione dei precari della scuola (quei docenti, per capirci, più volte assunti a settembre e licenziati a giugno). Ma coloro che avevano i requisiti per entrare finalmente in ruolo non erano necessariamente i docenti delle materie che servivano. Ecco allora l’invenzione dell’«organico potenziato»: insegnanti a disposizione di una scuola per progetti di varia natura, ma non per coprire i posti vacanti. Altro problema: il concorso a cattedre da cui sarebbero dovute scaturire già ora 32mila assunzioni ha presentato diverse criticità. Più della metà dei candidati sono stati bocciati agli scritti. Da qui le filippiche di chi si è impancato a deplorare l’ignoranza delle nuove generazioni... Peccato, però, che le prove fossero strutturate in maniera assai discutibile. Faccio l’esempio di Materie letterarie alle superiori: sei temi complessi e impegnativi da svolgere in solo due ore e mezza. Ci sono autorevoli docenti universitari di queste discipline che hanno dichiarato la loro incapacità ad affrontare una simile prova in un tempo così esiguo. Inoltre i lavori delle commissioni sono andati a rilento: sempre per risparmiare qualche spicciolo, si è deciso di non concedere l’esonero dall’insegnamento ai commissari d’esame, e così – a oggi – le graduatorie in molte province non sono pronte, tanto che i vincitori potranno essere assunti solo dal prossimo anno scolastico. Incombono, in aggiunta, le procedure di conciliazione e i ricorsi ai giudici del lavoro in merito all’assegnazione di migliaia di docenti entrati in ruolo lo scorso anno scolastico ad ambiti territoriali lontani da quello di residenza (per lo più con trasferimenti forzati dal Sud al Nord), in base a un famigerato algoritmo che pare – per usare un eufemismo – non aver funzionato alla perfezione (infatti diverse procedure si sono già concluse dando ragione ai ricorrenti). Vogliamo concludere questa carrellata di questioni – nella convinzione che portare alla luce i problemi serva a trovare le soluzioni – con una che ci sta particolarmente a cuore. Sappiamo che nel terremoto dello scorso 24 agosto ad Amatrice è crollata una scuola, la 'Romolo Capranica', inaugurata nel settembre del 2012 dopo alcuni anni di lavori. Ora le responsabilità vanno accertate. C’è però un altro tema, forse ancora più urgente della doverosa inchiesta giudiziaria tempestivamente aperta dalla Procura di Rieti. Ai bambini e ai ragazzi di Amatrice, di Accumoli, di Pescara del Tronto, di Arquata del Tronto e delle altre zone terremotate va garantito, a tutti i costi, un regolare inizio di anno scolastico. Proprio in situazioni eccezionali come quella che stanno vivendo è importante ricostituire il più presto possibile i segni della normalità, della quotidianità, sul piano concreto come su quello simbolico. E non c’è dubbio che la scuola assolva anche questa funzione. Essa è, inoltre, un luogo nodale di elaborazione collettiva di quanto successo: in gruppo – gli psicologi ce lo insegnano – i traumi hanno una maggiore possibilità di essere elaborati. Dunque, tra tante emergenze a cui lo Stato, il governo, le istituzioni locali stanno provvedendo, è importante che non venga trascurata o sottostimata quella scolastica. Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha garantito il massimo impegno dei suoi uffici affinché non ci siano dilazioni nell’inizio delle lezioni. Il luogo fisico potrà essere un tendone o un prefabbricato, i ragazzi – e gli insegnanti – sapranno adattarsi.  Sarebbe però non solo bello, ma addirittura vitale che tra pochi giorni la campanella delle lezioni potesse, in un modo o nell’altro, suonare per tutti gli alunni dei luoghi terremotati.
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