Caro direttore,
ho seguito con profonda partecipazione le varie manifestazioni che si sono svolte per celebrare la Giornata contro la violenza sulle donne. È stata una bella e importante mobilitazione anche se ho notato l’assenza, nell’incontro alla Camera dei deputati, delle religiose, molte delle quali impegnate in prima linea per prevenire, guarire e accogliere le vittime di violenza domestica ma soprattutto le donne vendute e comprate per la prostituzione coatta. È questa la violenza su cui vorrei richiamare l’attenzione oggi. Il dramma è ben visibile sulle nostre strade, ma si finge di ignorarlo per non prendere provvedimenti seri anche con leggi adeguate. Le prime persone a dire basta dobbiamo essere noi donne, con il coraggio di saper vedere, di denunciare, sostenere, consigliare, essere accanto, intervenire e prevenire. Certo, le autorità proposte all’ordine pubblico hanno un ruolo specifico per la tutela e sicurezza dei cittadini. E purtroppo a volte si interviene solo quando è troppo tardi. Anche noi “della porta accanto” siamo, però, responsabili: quante volte ci lasciamo vincere dall’indifferenza? Non siamo quindi un po’ tutti colpevoli?
Mentre vedevo i cortei e le iniziative, alla televisione, ho ricordato quel 13 febbraio del 2011 in Piazza del Popolo a Roma, quando una folla enorme di donne ha protestato contro lo sfruttamento di altre donne, e ha avuto il coraggio di gridare “Se non ora quando?”. Ancora oggi dobbiamo unire tutte le nostre forze per gridare ancora: “Se non ora quando?”.
Oggi il mio pensiero corre verso le altrettante migliaia di donne immigrate, minorenni comprese, che muoiono non solo per violenza fisica ma anche perché sono respinte e lasciate morire nel deserto, nei campi di detenzione in Libia, nella traversata del mare sperando in una accoglienza dignitosa per un futuro migliore di ciò che hanno lasciato mentre, purtroppo molte di loro non giungeranno mai alla meta desiderata. Anche loro rimangono vittime dell’indifferenza, della nostra personale parte nella globalizzazione dell’indifferenza.
Quante di queste donne, se non tutte, sono state o sono vittime di violenza fisica, psicologica, disprezzo, vergogna! Quante di loro sono state uccise sulle nostre strade. Quanti loro corpi continuano a essere bruciati o nascosti nei cassonetti, senza che nessuno se ne accorga o nel silenzio di chi vede e sa ma non vuol parlare per il timore di essere coinvolto. Di fronte alle migliaia di donne che negli ultimi anni sono approdate sulle nostre coste, mi brucia dentro una domanda: ”Dove sono? Da chi sono state accolte, o prelevate dagli stessi Sprar, Cara, o dai Cpt per poi finire ancora nelle maglie dei trafficanti o di maman che le portano a prostituirsi sulle nostre strade per soddisfare una pressante domanda di sesso a pagamento? Quanta violenza fisica e psicologica subiscono queste giovani sulle nostre strade. Quanta fatica strapparle dalle maglie delle reti dei trafficanti per portarle nelle case, gestite da varie organizzazioni eppure ancora in gran parte da religiose, che offrono una accoglienza familiare e serena per aiutarle a recuperare prima di tutto la loro dignità e libertà. Dalla fine degli anni 90 del secolo scorso, è stato dato asilo e occasione di riscatto a diverse decine di migliaia di giovani immigrate dalla Nigeria o dai Paesi dell’Est Europa venute in Italia con il miraggio di un lavoro per trovarsi poi nelle mani dei trafficanti.
Oltre 6mila di loro sono state recuperate e reintegrate nella nostra società in dignità e libertà attraverso le strutture create da religiose come me. Quante storie di violenze inaudite abbiamo ascoltato. Quanto bisogno di guarigione per uscire dalla vergogna e umiliazione abbiamo sentito e ascoltato!
Che questa giornata che abbiamo celebrato sabato 25 novembre ci lasci più slancio, a noi donne e alle istituzioni, a ridare libertà, dignità e legalità alle presenti-assenti nelle solenni celebrazioni che sono state organizzate: queste giovani donne immigrate, perché non abbiano più a subire continuamente violenza e sfruttamento sulle nostre strade.
*Missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione “Slaves no more – Mai più schiave”