Caro direttore,
il prossimo decennio si apre in uno scenario complesso, poiché segnato da una pandemia e da sofferenze in cui l’etica sembra soccombere di fronte alle logiche spietate del profitto a ogni costo. Il mercato delle armi, l’inquinamento, la lotta per l’acqua sono solo le manifestazioni più evidenti. L’Italia, specialmente negli ultimi vent’anni, ha il merito di aver introdotto nel dibattito politico ed economico nuovi approcci e nuove visioni. Si parla di bene comune e di centralità della persona come elementi essenziali e imprescindibili. Una naturale prosecuzione di un pensiero che ebbe in Olivetti il miglior esponente. Un uomo che appare oggi di assoluta modernità, richiamato ogni volta che il dibattito mette a fondamenta il welfare aziendale e la responsabilità sociale di impresa. Siamo, di fatto, nel cammino verso una Terza Economia che, generata dalla necessità di garantire i diritti di ciascuna persona, si lancia adesso in sfide richiamate da tutti i territori della Terra.
L’Agenda 2030 rappresenta un manifesto e una guida per un’economia etica e sostenibile. L’Italia può diventare assoluta protagonista di questa trasformazione, avendo manifestato nella sua storia la vocazione di porre al centro persone e comunità, oltre le logiche spietate della ricchezza per pochi. Contrastare le derive ingiuste del capitalismo non dovrà significare la negazione del valore della cultura imprenditoriale. Più che di modelli inscatolati nelle norme del diritto si dovrà legiferare dando respiro all’avvio di processi. L’art. 41 della Carta costituzionale definisce l’iniziativa economica come uno strumento necessario alla realizzazione del bene comune, senza ledere quelli che sono i valori fondamentali della persona.
«L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». In questo modo, l’utilità sociale si disegna come il fine, l’obiettivo al quale tendere: il più grande miglioramento del benessere possibile per la maggior quantità di individui. Oltre al capitale economico, va salvaguardato anche il capitale umano, quello formato da persone, relazioni, enti e organizzazioni. Un percorso non immutabile nel tempo, ma in continua evoluzione, che coniuga i diversi fattori economici e umani al fine di generare profitto, ma anche e prima di tutto sostentamento per gli individui che vivono quella realtà imprenditoriale. Il fine, l’obiettivo, lo scopo dell’imprenditore della Terza Economia, deve essere quello di generare profitti per il benessere delle persone. La Terza Economia intende l’impresa come parte integrante della società, non come un’entità avulsa. In cui i bisogni dei cittadini e delle comunità pesano quanto le richieste degli azionisti. In cui l’imprenditore indirizza la mission (priva da pensieri di mera filantropia), non soltanto verso il raggiungimento degli obiettivi di profitto, ma al welfare di comunità.
Questo ragionamento riconduce al vero contenuto innovativo del dibattito degli ultimi anni che è quello della responsabilità sociale dell’imprenditore, il quale, al pari di un politico, assume, con il suo operato, un dovere nei confronti dei cittadini. È per questa via che si metterà al sicuro l’economia da scelte dissennate che alimentano la parte oscura del progresso (finanza speculativa, mercato delle armi, distruzione dell’ambiente, speculazione sull’acqua…). È importante, quindi, cominciare a parlare di imprese di comunità che operino per una innovativa idea di profitto: quello che concorrerà ai bisogni di intere comunità. L’economia crescerà e si svilupperà per il bene comune e i beni relazionali, grazie a concrete buone pratiche. Non è solo un futuro desiderabile e possibile, ma un ideale concreto che ci condurrà alla sostenibilità per l’Italia e per l’intero pianeta.
Sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche sociali