Giovanni Paolo II, dopo avervi celebrato la Messa al mattino, dopo pranzo chiese di poterci ritornare in forma privata, per raccogliersi in preghiera e quindi salire sul Golgota. Benedetto XVI, 9 anni dopo, vi trascorse lunghi momenti in preghiera silenziosa, prima e dopo il discorso memorabile pronunciato in quell’occasione. Papa Francesco andò ancora oltre, e in pellegrinaggio nello stesso posto, sulle orme dei suoi due predecessori, volle che proprio lì si tenesse un momento ecumenico, che sarebbe poi risultato fondamentale nel cammino del dialogo. 2000, 2009, 2014. Tre papi, tre stili diversi, uno stesso luogo.
Un luogo del tutto particolare: il Santo Sepolcro che fu testimone di quello che papa Ratzinger definì «meraviglioso evento», e dove «il lungo dominio del peccato e della morte viene distrutto dal trionfo dell’obbedienza e della vita». Dove una tomba vuota parla della speranza che non delude, quella speranza donataci dal Principe della pace. Da sempre luogo centrale per ogni cristiano, mai come oggi il Santo Sepolcro, oggi restituito ai milioni di pellegrini che ogni anno si trattengono in preghiera davanti a quella pietra nuda, rappresenta il simbolo stesso del cammino indispensabile per l’unità dei cristiani. Restituito a questa invincibile vocazione dopo essere stato, per secoli, anche il simbolo delle divisioni createsi tra i credenti in Gesù Cristo; responsabili, tra l’altro, anche della mancato accordo che, nel 1947, aveva fermato i lavori di restauro che erano stati intrapresi per riparare i danni provocati dal sisma di vent’anni prima, visto che le tre comunità religiose che gestiscono la Basilica – armeni, ortodossi e cattolici – non si mettevano d’accordo. Così gli inglesi, che esercitavano l’allora Protettorato, si limitarono a erigere una struttura metallica per sorreggere l’edicola pericolante che sovrasta il sepolcro, e la cosa fini lì.
Già il fatto che oggi, a 70 anni dal momento della interruzione dei lavori, si sia potuto raggiungere questo risultato, dice molto, se non tutto, del progresso che il cammino ecumenico ha compiuto in questo primo squarcio del terzo millennio. Progressi tenacemente perseguiti dagli ultimi tre pontefici, anche nei momenti in cui anche il più piccolo passo in avanti sembrava impossibile, e che oggi attribuiscono un valore aggiunto di enorme valore alla cerimonia di ieri. E se certamente molti altri passi restano da fare, e molti altri ostacoli ci saranno da superare, che il Santo Sepolcro ritorni a far parlare i cristiani con una sola voce, e non dei conflitti che li hanno separati, significa restituire al luogo della deposizione il ruolo di testimone silenzioso dell’Unità dei credenti e del loro impegno per la pace.