Il Natale ci aiuta a riscoprire la nostra natura dipendente
martedì 26 dicembre 2017

La nostra epoca cerca un rinnovato rapporto con la natura. Che cosa c’entra con questo desiderio il Natale? Sono molti i segni di tale desiderio dopo un periodo in cui una buona parte del mondo s’è messo sotto il dominio del sogno di felicità propagandato dall’economia e dalla tecnica e si è lasciato prendere dai miraggi che un pur utilissimo sviluppo tecnologico ha proposto. Non si tratta di un riflusso, né di una virata, ma di certo si sono ampiamente diffusi le preoccupazioni legate all’ambiente su scala mondiale, la ricerca di stili di vita improntati a maggior equilibrio tra gusto e necessità di prestazione e consumo, e pure la moda, diciamolo, di nuovi prodotti creati (o solo furbescamente marchiati ) come "bio" dilagante in tutti i campi, dal cibo agli abiti, dai mezzi di locomozione alle pratiche terapeutiche.

Si tratta di un fenomeno complesso, che porta a galla movimenti culturali di vario genere, spesso contraddittori, dalle ubriacature new age a un più sano ecologismo religioso, da panteismi a volte grotteschi o neomagici a semplici e a volte ingenui salutismi e a genuino rispetto per il nostro ambiente di vita. Tale desiderio insomma c’è, innegabile. E indica pur se confusamente la ricerca, che nell’uomo di ogni epoca si esprime, di afferrare più consapevolmente la propria natura, di preservare e scoprire nuovamente il proprio volto più autentico.

Che cosa c’entra con tutto questo lo strano fatto raccontato dal presepe, lo strano evento di un bambino che nasce da una ragazza e da un uomo, in mezzo a una umanità semplice, legata alla vita dei suoi animali, sotto la volta stellata? La parola Natale rimanda a una nascita, a quella nascita speciale, e ha la stessa radice della parola natura. Nascor, natus – la natura è ciò che è nato. Dunque nel Natale, fissando quell’evento forse possiamo recuperare qualche indicazione anche circa questa fame di naturalezza, di vita secondo natura che per quanto disordinatamente segna la nostra civiltà tra tante doglie.

Nel Natale va in scena una nascita. Per imparare qualcosa circa la propria vera natura l’essere umano deve guardare alla propria nascita più che a tanti fenomeni di moda che – pur con cause rispettabili – spesso interpretano i nostri desideri al solo fine di sfruttarli e non di chiarirli. Possiamo guardare cosa c’è in gioco nel nostro nascere, straordinaria esperienza che anche Dio ha voluto fare. Nella nascita ci sono due indicazioni elementari e chiare circa la nostra vera natura.

Innanzitutto, nessuno si crea da se stesso. Così ogni supponenza, chiusura individualistica e, peggio, ogni presunzione di essere veramente uomini facendo da soli, rescindendo qualsiasi legame di provenienza (dal Dio creatore o semplicemente da uomini e donne prima di noi) si svela come innaturale. È innaturale pensare di nascere da se stessi, con buona pace di Nietzsche e di altre filosofie che hanno alimentato il mito rivelatosi folle e violento di un essere umano che si autoprogetta. Così come è innaturale pensare di non essere frutto di una relazione, di uno scambio, di un amore.

Nel caso del bambino del Presepe lo scambio d’amore avviene tra Dio e una ragazza che rappresenta tutta l’umanità, ma sempre scambio d’amore è. Dunque, anche ritenere che la vita possa essere naturale senza uno scambio d’amore generativo, senza relazioni nutrienti, senza dipendere dall’amore è una erranza. Così come è naturale che la fragilità (cos’è un piccolo appena nato?) sia da accogliere in una comunità. Il Natale è un miracolo, ma serve a capire la nostra normale natura.

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