M ilano, maggio – Nelle foto di quel giorno io sorridente, lui pallido come stesse salendo sul patibolo. Una giornata piovosa, e noi due sotto l’ombrello, tra gli amici, davanti alla chiesa, ignari: quante cose non immaginavamo, e che gran lavoro avevamo davanti. 25 anni fa. È stata come una di quelle passeggiate in montagna, lunghe, erte, a tratti con la grandine addosso, a tratti col sole che scotta, e i bambini in spalla, che pesano. Già, i bambini. Ne abbiamo avuti tre, fantastici, di tutta la nostra vita il regalo più grande. La meraviglia di aspettarli, di sentire i primi calci nella pancia, lo stupore di vederli nascere e di abbracciarli. E quanti giorni a rincorrerli nei primi passi traballanti, quante centinaia di pannolini cambiati, noi del tutto inesperti di bambini, e stupefatti da quei piccoli alieni che ci invadevano felicemente i giorni, e la casa. E io a inventarmi favole per farli dormire, e tu che salivi su una sedia e ballavi, per far mangiare il primo, che non ne voleva sapere. E i viaggi per le vacanze con l’auto colma di passeggini e culle, e coccodrilli di gomma: che talvolta si bucavano in spiaggia, e allora che pianti. (Pazientemente riparare un coccodrillo ferito, sotto il sole cocente, anche questo è amore). E portarli in montagna, a rivedere quelle Dolomiti care a entrambi, e ridere, quando nelle gite ci acchiappava un temporale, e si tornava fradici e felici a valle. Mi ricordo poi il trasloco nella casa nuova, con i tre che svolazzavano da tutte le parti come passeri, scatole e casse dappertutto, un incontrollato casino, e tu, che improvvisamente eri sparito. Ti ho cercato dappertutto, eri forse scappato? Ti ho trovato addormentato sull’unico materasso già arrivato, e non sapevo se mettermi a gridare, o se scoppiare a ridere. E poi ci sono stati giorni amari, figli annunciati e già perduti, e ma-lattie, soprattutto, mi ricordo di tanti ospedali, anche lontani da casa, e venirti a trovare sotto la neve in autostrada, e dubitare perfino che potessi guarire. Io poi, con la mia testa malinconica, con il cuore che da un giorno all’altro cade, come se non ci fosse più alcun domani. Ci hanno tenuto assieme questi tre, ma non solo: facce di amici, accanto, di nonni e zii che ci hanno aiutato, e un prete soprattutto, cui sarò per sempre grata. Ci ha insegnato a restare insieme, nella memoria di una promessa scambiata non solo fra noi, ma con Cristo. Lui la roccia, lui il terzo garante, nei momenti più duri, quando ti sembra che non ci sia più alcuna ragione per continuare. Sono passati incredibilmente in fretta questi 25 anni. Noi verso la vecchiaia, e i tre, grandi. Belli, vivi, e più certi di Cristo di quanto lo siamo noi. (Questo è ciò che io non mi spiego, come quel poco di fede che abbiamo sia nei figli diventata più forte). Ma a guardar bene, 25 anni insieme sono tutti un miracolo. È di questo, che dobbiamo ringraziare.
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