Diciamolo chiaramente in premessa: non richiedere oggi – anzi, non averlo già fatto ieri – i circa 37 miliardi del Mes per affrontare l’emergenza sanitaria si rivelerà, prima che un abbaglio tecnico, soprattutto un grave errore politico. Di strategia politica. Laddove in politica, come in qualunque altra situazione, la strategia si distingue dalla tattica per capacità di scegliere il momento giusto in cui agire considerando i tempi lunghi e l’intero scacchiere, non solo la prova del giorno dopo.
Per prima cosa non siamo soli. Il mondo intero è in lotta con il virus e con la distruzione del tessuto economico e sociale che la pandemia comporta. A noi come agli altri servono tutte le risorse disponibili per vincere il prima possibile, anche quelle finora inedite stanziate dall’Europa con le prove generali di mutualizzazione del debito.
Vero, utilizzare le linee di credito precauzionali (Eccl) del Meccanismo europeo di stabilità significa affastellare altro debito, non vuol dire avere pasti gratis, seppur a un costo più contenuto e tale da farci risparmiare, ai rendimenti attuali, alcuni miliardi di euro in 10 anni. Certo, quello del Mes è un prestito 'privilegiato', nel senso che, in caso di default, andrebbe onorato prima di quello 'tradizionale', costituito da titoli governativi come il secondo 'Btp futura' annunciato proprio ieri dal direttore generale del Tesoro Andrea Rivera.
Ma rappresentano comunque debito supplementare anche i 100 miliardi in più chiesti dall’Italia negli ultimi mesi per finanziare la resistenza alla distruzione di imprese, posti di lavoro e reddito provocati dalla recessione. E sono debito da restituire con gli interessi pure i 27 miliardi della 'cassa integrazione europea' allestita tramite il programma Sure, il 'Supporto per mitigare i rischi di disoccupazione dovuti all’emergenza', che opportunamente e per tempo, questo sì abbiamo attivato, nonostante i requisiti più stringenti rispetto al Mes sanitario ovvero usare le risorse per posti letto in rianimazione, ventilatori, medici e infermieri. Tali sono, ricordiamocelo, le temute condizionalità: spendere i quattrini per la salute dei cittadini e non per altro, a differenza di quello che si può fare con la raccolta 'incondizionata' di un Btp.
Se lo avessimo già chiesto, il Mes, avremmo potuto ad esempio potenziare i drive-in dove si fanno i tamponi, affinare la capacità diagnostica e il sistema di tracciamento. Saremmo già stati in grado di riorganizzare dove necessario la medicina del territorio, vero anello debole della risposta socioimmunitaria. Affiancando così un debito aggiuntivo europeo destinato in senso ampio alla salute – e dunque anche alla prevenzione – a quello di casa, più costoso quanto a spesa per interessi, che però alla nostra Sanità serve come il pane visti gli 'appena' 3 miliardi per medici e infermieri del Cura Italia e i 4 previsti dalla prossima Legge di bilancio.
Un’idea di come i mercati guardano ai nuovi strumenti di debito comunitario, prototipi degli Eurobond, la si è avuta giusto ieri, alle prime due emissioni 'tripla A' per 17 miliardi del programma Sure: le richieste hanno superato quota 233 miliardi, quattordici volte tanto. Gli investitori, cioè, sanno ben distinguere la qualità di un titolo e soprattutto la finalità d’uso. Ecco perché è difficilmente condivisibile la preoccupazione di chi, come il premier Giuseppe Conte, teme un 'effetto stigma' per l’Italia qualora fosse il primo Paese – non sarebbe di certo l’unico – a richiedere il Mes.
Anticipare gli altri potrebbe al contrario indicare la capacità di una risposta tempestiva a un andamento pandemico che accelera e non va solo veloce, ha la forma di una curva e non di una retta. La sfida ci impegna a migliorare e finalizzare i tempi di reazione.
Davvero richiedere il Mes prestiti sanitari ora che i tassi sono bassissimi e gli investitori mostrano un grande interesse per le emissioni comunitarie significherebbe favorire le vendite di Bot e Btp in circolazione e quindi far schizzare rendimenti e spread? Davvero giocando d’anticipo sul Mes l’Italia sarebbe 'stigmatizzata'? Il significato psico-sociale di stigma, a partire dagli anni Sessanta e da Erving Goffman con il suo saggio 'Stigma, l’identità negata', è quello di pregiudizio, cioè una valutazione (rating nel linguaggio della finanza) già emessa prima di un’osservazione attenta della realtà. I mercati hanno dimostrato ieri di non aver alcun pregiudizio sui nuovi debiti comuni europei stile Sure. Debiti contratti al momento giusto, attenzione, non quando i buoi sono scappati dalla stalla.
Ma i mercati e in genere gli osservatori esterni potrebbero addirittura 'prezzare' politicamente la scelta strategica dell’Italia di rompere gli indugi per prima sul Mes seguendo l’etimologia botanica della parola stigma, che in questo caso significa parte apicale del pistillo di un fiore, quella destinata a ricevere e a far germinare i granelli di polline. Lo stigma che fa germogliare: nuovo debito finalizzato, cioè, per accrescere le difese sanitarie e quindi far crescere l’economia, Che sarebbe poi la funzione originaria di ogni debito, vecchio o nuovo che sia, nonché il modo migliore per ripagarlo.