Il sole sulla pelle, respirare l’aria frizzante della prima mattina, anche la pioggia che sembra benedetta. E poi le piazze che si rianimano, le visite ad amici e parenti, i bimbi che giocano, corrono e gridano in oratori e centri estivi. Non si può negare: le riaperture, l’Italia in zona bianca e il lento ritorno alla libertà di movimento che conoscevamo prima dell’inverno del Covid ci stanno guarendo da ferite interne e non solo. Ci restituiscono a una normalità non scontata e bella.
L’ormai prossimo addio alle mascherine all’aperto e i certificati vaccinali, i 'Green pass', che arrivano negli smartphone e vengono stampati come passaporti per la vita, non sono solo il passaggio burocratico di una campagna di successo contro il virus, ma la prova che i sacrifici hanno dato frutto, proprio come il «rischio ragionato» del governo Draghi per la ripartenza.
Non è per fare i guastafeste, tuttavia in questa rinascita c’è un problema: il nemico è ancora tra noi. E forse non se ne andrà così facilmente. In Italia, è vero, la curva dei contagi scende, il tasso di positività è ai minimi, anche i ricoveri calano. L’estate si annuncia abbastanza serena e a settembre il piano di vaccinazioni potrebbe essere completato. Nemmeno i nuovi focolai che stanno emergendo dovrebbero preoccupare, posto che il tracciamento non replichi la débâcle dello scorso autunno. Ciò che deve mantenerci umili e prudenti è quanto sta avvenendo all’estero.
In Gran Bretagna, dove la variante Delta si è imposta, il governo ha rallentato il piano delle riaperture perché la maggiore trasmissibilità che la caratterizza e il rischio più alto di ricovero consigliano prudenza. È vero che Londra, puntando su una sola dose di vaccino così da immunizzare più persone in minor tempo, probabilmente ha fatto un calcolo sbagliato; anche perché, usando prevalentemente AstraZeneca, ha vaccinato pochi under-30, la generazione più colpita in questo momento. In Israele, il primo Paese al mondo ad aver raggiunto gli obiettivi vaccinali, l’obbligo di mascherina è stato reintrodotto in molti luoghi chiusi ed è stata rinviata l’apertura totale ai turisti proprio a causa delle varianti. In India, per le stesse ragioni, sono emersi nuovi e fondati motivi di preoccupazione. In Spagna i viaggi dei giovani alle Baleari dopo la fine della scuola hanno acceso molti focolai in diverse regioni.
Tra variante Delta, Delta Plus o Kappa, insomma, il pericolo è che, vaccini o no, il rientro dalle vacanze possa riprodurre se non la catastrofe di un anno fa, quando in pochi giorni si perse la capacità di tracciamento per eccesso di ottimismo e per impreparazione, quantomeno un ritorno di criticità.
Ovvio, siamo nell’ambito delle ipotesi, ma se di questo virus si conosce ancora poco, tutti sappiamo benissimo cosa si deve fare per abbattere il rischio che si trasmetta. Il fatto è che dopo quasi un anno e mezzo in compagnia del Sars-CoV-2 è difficile tornare a immaginare nuove severe limitazioni della libertà, perché farebbe male ai corpi e alle menti oltre che all’economia, ma anche perché vorrebbe dire che saremmo stati molto stupidi: il sistema dei colori è ancora in vigore, e in caso di aumento dell’indice Rt potremmo trovarci nuovamente bloccati. Dunque, se a un certo punto è stato necessario parlare di «rischio ragionato», da oggi gli unici responsabili del nostro destino siamo noi stessi: chiamati a 'ragionare' molto bene prima di 'rischiare' di nuovo di essere confinati.
Per questo è importante ricordare che le nuove libertà non significano che il rischio è azzerato, mentre il «passaporto vaccinale» è solo un lasciapassare, non lo scudo protettivo verso un nemico del quale non conosciamo tutte le armi. Uno dei fattori più critici per il contagio, al di là dei contatti personali ravvicinati, è il 'pendolarismo', ovvero avere molte persone provenienti da comunità diverse che incontrano di continuo molte persone di altre comunità. Il virus, insomma, sconsiglia la globalizzazione degli scambi e dei viaggi, la moltiplicazione delle relazioni. A noi che vogliamo mantenerle, resta il compito di preservare la meravigliosa libertà di muoverci e di incontrarci, elevando il tasso personale di responsabilità. Lo dobbiamo a chi non c’è più e ai giovani che hanno da poco ritrovato la vita.