Testimonianza dai confini del dolore: fare pace, mai negare umani soccorsi
sabato 11 dicembre 2021

Gentile direttore,
siamo appena rientrati dal confine tra la Polonia e Bielorussia per portare aiuti umanitari e monitorare il rispetto dei diritti umani e da un campo profughi al confine tra la Siria e il Libano. Siamo volontari di Operazione Colomba, il corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. Al confine d’Europa si consuma la tragedia di migliaia di profughi, partiti da Libano e Siria e tanti altri paesi per la Bielorussia, con la prospettiva di spostarsi in Polonia e infine in Germania. Queste persone scappano da una guerra perenne e da una totale mancanza di futuro. La guerra in Siria non è mai finita. Più di dieci anni di orribile dittatura, la presa di potere di gruppi terroristi, la debolezza della comunità internazionale hanno fatto sì che almeno dieci milioni di persone divenissero profughi: un enorme bacino di disperati pronto a tutto pur di non morire. E oggi vediamo al confine polacco l’ennesimo itinerario della disperazione per il quale basta entrare in un’agenzia di viaggi in Libano, pagare 3.500 euro per un visto per Minsk e 7.000 euro per tentare il resto del viaggio fino a Berlino. I soldi li trovano svendendo la terra e la casa in Siria e tutto ciò che hanno. L’Europa, con la Polonia, ha scelto di chiudersi: è stato schierato l’esercito, respingendo i profughi e violando le leggi europee sul diritto d’asilo e sull’assistenza umanitaria. I profughi restano per la maggior parte in Bielorussia, spinti sulla frontiera o nascosti a Minsk. Qualche migliaio riesce a passare il confine, e prova a sopravvivere nella foresta a zero gradi, sfidando neve e pioggia e a volte andando incontro alla morte. Al confine polacco li aspetta una "zona rossa" dove ad associazioni e Ong non è permesso entrare per portare quell’assistenza umanitaria che viene considerata un’azione criminale. Molti migranti vengono trovati e rispediti indietro. Altri restano incastrati nella terra di nessuno, tra le linee dei fili spinati delle due frontiere: condannati a stenti terribili e mortali, non possono avanzare né tornare indietro. Sono necessari coraggio, forza e capacità di cambiamento per proporre concrete alternative alle guerre, mentre gli Stati europei corrono dietro a paure e ricerca di facili consensi.
Gentile direttore, noi crediamo in un’Europa capace di affrontare con umanità il problema dell’immigrazione, smantellando il sistema delle armi, smettendola di sostenere regimi violenti e dittatoriali e di fare affari con chi uccide, tortura e crea profughi. Proponiamo che vengano realizzate azioni di giustizia per cui queste persone possano vivere nel loro Paese: ciò che desiderano più di ogni altra cosa. Con Operazione Colomba viviamo con i siriani nei campi profughi e abbiamo raccolto una loro proposta di Pace: vorrebbero poter tornare a casa, e lì non essere sotto il controllo di gruppi armati. Per farlo chiedono protezione alla comunità internazionale. Vogliono solo stare al sicuro. Sta a noi cittadini europei dare voce a queste proposte profetiche, non lasciando mai nessuno senza soccorso. Lanciamo un appello: che i nostri Paesi dell’Europa diventino custodi di queste speranze. Altrimenti non ci sarà futuro per nessuno.
Corrado Borghi e Alberto Capannini, Comunità Papa Giovanni XXIII

Cari e gentili amici, la vostra testimonianza dai confini del dolore e dell’odio e l’appello che mi affidate, e che rilancio con convinzione, confermano che c’è un solo modo per rispondere alla richiesta di aiuto delle persone e della famiglie costrette a lasciare tutto e a chiedere asilo all’Europa: restare umani ed essere giusti. Di fronte a Dio nel rispetto dei princìpi che stanno alla base della nostra civiltà, proprio come insegnava don Oreste Benzi, il santo prete di cui siete figli spirituali. E questo vale su ogni frontiera: tra Polonia e Bielorussia e tra Bielorussia e Paesi baltici, nel Mediterraneo e sulla rotta per le Canarie alle porte di Grecia, Italia, Malta e Spagna, sulle rotte di terra nei Balcani e ai confini interni dell’Unione. Ricordo ancora una volta che noi di "Avvenire" proponiamo, in una "mobilitazione dal basso" di tenere accese Lanterne Verdi - nei presepi e sugli alberi natalizi, alla finestre e sui balconi, su monumenti ed edifici pubblici - per tutto il tempo del Natale per ricordare a tutti, e più insieme che si può, che bisogna saper fare pace e, intanto, mai negare umano soccorso a chi è in pericolo ed è costretto a farsi profugo e migrante.

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