Da alcuni anni nel nostro Paese c’è un rinnovato interesse per le tradizioni popolari. Si tratta di un fenomeno di grandi proporzioni, che attraversa l’intera Penisola e vede protagonisti persone e gruppi diversi per età, culture e ceto sociale. Ha le caratteristiche di un vero e proprio movimento culturale che pone al centro, come un segno identitario, la riscoperta della musica e del canto tradizionale in dialetto. Grazie a tutto questo sono rifiorite antiche ritualità e feste contadine, considerate solo fino a pochi anni fa come mere persistenze di una cultura arcaica in via di estinzione.
E fra queste hanno avuto un forte incremento i rituali popolari legati al ciclo dell’Avvento, in particolare i presepi viventi, le novene cantate in ambito paraliturgico, le rappresentazioni popolari sacre su argomento natalizio, i canti di questua per la fine dell’anno e dell’Epifania e moltissime altre manifestazioni diffuse soprattutto nei centri più periferici. Attratti dalla ripresa di questo tipo di ritualità devozionale, radicata sia al Nord sia al Sud della Penisola, molti giovani musicisti si sono avvicinati allo studio di strumenti pastorali come le zampogne e le ciaramelle, ancora largamente diffusi nell’area appenninica e in Sicilia, le pive e i flauti di canna presenti in molti centri del Settentrione e le launeddas tipiche della Sardegna.
Molti di loro, così, sono diventati i cerimonieri di tante manifestazioni rituali, in particolare di quelle che si svolgono durante il periodo delle novene di Natale e tra Capodanno e l’Epifania. Ecco perché un repertorio che in Italia ha un’origine antica e che raggiunge punte di grande intensità spirituale già con la diffusione delle Laudi medievali, sta tornando a caratterizzare la vita sociale e religiosa di tante comunità. Sono canti in latino, in italiano antico e in dialetto.
Alcuni presentano delle analogie con le laudi cinquecentesche di san Filippo Neri, il cui ricordo è ancora vivo in tante preghiere cantate in molte comunità. Altri, e sono i più numerosi, sono attribuibili all’estro poetico di sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Con questi canti, dall’impianto musicale semplice che traggono spunto da melodie popolari, il missionario insegnava nel Settecento ai “lazzari” i fondamenti del cristianesimo, rendendoli protagonisti dei cerimoniali liturgici e perpetuando l’uso consolidato del canto popolare come forma “speciale” di catechismo cantato. In queste canzoncine spirituali egli traduce il senso dello stupore e della gioia riportato dai testi evangelici e ci consegna dei veri e propri capolavori fra cui “Tu scendi dalle stelle”, “Quanne nascette ninno” e “Fermarono i cieli”.
Contagiati dallo stupore e dalla gioia che questi canti continuano ancora a suscitarci, dal 2008 abbiamo cominciato a proporre al Parco della Musica di Roma, in occasione del Festival Natale in Auditorium, La ChiaraStella, un grande concertospettacolo dedicato ai canti sacri popolari della tradizione del Natale. Nelle giornate del 5 e 6 gennaio da dieci anni l’Orchestra Popolare Italiana offre alle migliaia di spettatori che affollano le sale dell’Auditorium un ricco programma di canti eseguiti in vari dialetti regionali e nelle lingue di minoranza etnolinguistiche. Così, il nostro concerto a Gesù Bambino diventa tutte le volte un momento di grande festa popolare, un’occasione speciale di ricerca umana e spirituale. Come già l’anno scorso anche quest’anno offriremo i frutti del nostro lavoro attraverso le pagine di “Avvenire”, pubblicando ogni giorno alcuni dei “Canti della ChiaraStella” proposti ed elaborati in questi anni.
Di ogni canto presenteremo ai lettori il testo originale in dialetto, con l’eventuale traduzione. In alcuni casi sarà anche indicato il riferimento a registrazioni video presenti in Rete e ad alcune notizie critiche che aiuteranno a comprenderne la bellezza e la gioia che da sempre hanno riempito il sentimento di grandi e piccini.
Diamo il bentornato ad Ambrogio Sparagna e ai suoi e nostri “Canti della Chiarastella”. Accompagneranno anche così il cammino comune nel Tempo di Natale da martedì 20 dicembre all’Epifania. E in tanti, come l’anno scorso, ci ritroveremo a leggere cantando... (mt)