La guerra si fa sentire anche sulle bollette degli italiani. E per alleviare il peso dei rincari il governo ha deciso di elargire, una tantum, un bonus da 200 euro a tutte le persone con un reddito inferiore a 35mila euro lordi. Il contributo andrà a dipendenti, autonomi, pensionati, disoccupati, percettori del reddito di cittadinanza, stagionali.
L’unica condizione è non guadagnare all’incirca più di 2.000 euro netti al mese. Non importa se si è soli, se si vive in due, se si abita in contesti in cui gli appartamenti costano come i box nelle aree metropolitane, o se si hanno più figli a carico e si guadagna poco più del limite. In Italia riusciamo a essere empatici con tutte le categorie, tranne che con le famiglie con bambini, che normalmente, da un punto di vista energetico, devono fare più lavatrici di un single e consumano più gas per cucinare di un pensionato. Quello di fissare soglie di reddito a prescindere da un’analisi fondata sulla realtà è un antico vizio nostrano.
Per fare un esempio, in Germania il governo ha pensato di offrire a tutti un bonus da 300 euro, più 100 per ogni figlio. È un’altra impostazione, un altro sguardo sulla famiglia. Peraltro a Berlino l’assegno-figli e le deduzioni fiscali assicurano già una dote universale di 2.500-3.000 euro annui a figlio, mentre in Italia l’Assegno unico da 2.100 euro l’anno spetta solo fino a 15mila euro di Isee, poi crolla fino a 600 euro. Ogni Paese, del resto, anche nella Ue è sovranamente libero di scegliere le proprie politiche di welfare. La differenza diventa però stridente, visto e considerato che l’Italia è una nazione che sta attraversando un’emergenza demografica gravissima, pressoché unica per intensità a livello globale.
È come se un meteorite stesse cadendo addosso al nostro Paese e a chi lo abita. Il demografo Roberto Volpi ha appena pubblicato un libro dal titolo Gli ultimi italiani - Come si estingue un popolo( Solferino), nel quale spiega che se le previsioni indicano che tra 80 anni dovremmo calare dagli attuali 60 milioni a 30-40 milioni di abitanti, di fatto «niente resterà al suo posto, perché tutto decade, si impoverisce, invecchia, si sfalda», e dunque «stiamo andando incontro al disastro serenamente travolti dall’ordinarietà».
Nel 2021 un altro importante demografo, Alessandro Rosina, in Crisi demografica ( Vita e Pensiero) aveva lanciato un allarme simile suggerendo una ambiziosa e fondamentale lista di interventi e politiche «per un Paese che ha smesso di crescere».
Nel 2019, prima della pandemia, era invece uscito Italiani poca gente: il Paese al tempo del malessere demografico (Luiss), scritto dal demografo ed ex presidente dell’Istat, Antonio Golini, e anche in questo caso l’ipotesi dell’estinzione di un popolo veniva accostata a tutti i problemi conseguenti in termini di tensioni sociali oltre che di sostenibilità dei sistemi sanitari e previdenziali. Insomma, quasi ogni anno qualche autorevole esperto ricorda che in Italia «il lago della popolazione si sta prosciugando», per usare le parole dell’attuale presidente del-l’Istat, il demografo Gian Carlo Blangiardo.
Eppure la politica – ma potremmo dire anche gli apparati burocratici, la cultura, la società: dunque un bel tema per gli Stati Generali della Natalità che si tengono a Roma il 12 e il 13 giugno prossimi – dopo aver stanziato i famosi 6 miliardi per riorganizzare gli assegni familiari, è tornata a ragionare con i soliti vecchi schemi. Come, appunto, se non ci fosse un enorme meteorite che ci sta cadendo addosso, anzi una cometa del tutto simile a quella del film Don’t Look Up, nel quale i decisori continuano a vivere nella loro allegra bolla mediatica fino all’estinzione del genere umano, e come se in Italia non avessimo drammaticamente bisogno di dare vita a un contesto in cui, per prima cosa, si offrono sempre le migliori condizioni possibili a tutte le famiglie che crescono figli. In conclusione, vale la pena segnalare che nel 2021 il tasso di natalità in Germania è salito al livello più alto dal ’97 e si è avuto un aumento del 3,9%, rispetto alla media precedente, delle nascite di terzi figli. Solo un caso?