I media della Chiesa: le parole e i fatti
sabato 6 maggio 2017

L’espressione ha avuto successo, ed è diventata, col tempo, quasi una formula: i mezzi della comunicazione sociale, copyright dei tempi e del clima del Concilio, ma applicata a largo spettro per l’intero panorama dei media. Non a caso l’espressione è maturata all’interno della Chiesa, poiché era soprattutto sua l’esigenza di distinguere e allo stesso tempo raggruppare i vari strumenti posti al servizio del proprio messaggio. Quando, ancor prima del Vaticano II, con l’Osservatore Romano e la Radio Vaticana – varata nel 1931, due anni dopo i Patti Lateranensi da Pio XI, con l’intervento diretto di Guglielmo Marconi – si poteva già mettere il plurale agli strumenti in campo, era anche evidente la loro forte caratterizzazione.

Così come parallelamente il forte interesse per le arti visive, prima il cinema e dopo la televisione, testimoniava più da vicino la prospettiva della presenza e dell’impegno della Chiesa nei media esterni. Ora si cambia pagina, anzi si cambia era, con un nuovo dicastero – la Segreteria della Comunicazione – “in piena riforma”, a due anni dalla nascita e sulla strada di un radicale ripensamento del sistema informativo della Santa Sede. Ciò che si delinea – tanto più alla luce dell’incontro con papa Francesco per l’assemblea plenaria –, è infatti, nel suo insieme, la forma di una nuova comunicazione, espressa anche questa dall’insieme dei diversi mezzi.

Ma con la differenza che ognuno di essi, sotto la spinta delle nuove tecnologie, si trova a cedere parte della sua specificità, in cambio di una multimedialità che amplia in modo estensivo le singole capacità comunicative. “Convergenza digitale” è il temine identificativo – indicato anche dal Papa – per un approdo a base larga e di lungo periodo verso una fase totalmente nuova della comunicazione vaticana. Non una semplice forma di coordinamento o di ottimizzazione delle risorse in campo – magari fondendo o accorpando dicasteri già esistenti –, ma la svolta di un “punto e a capo”, ambizioso e necessario allo stesso tempo; e tale da richiedere, nella fase iniziale della costruzione, un sostegno che il Papa ha espresso con forza.

Addirittura con un linguaggio inedito, quando, precisando che non bisogna avere paura a pronunciare la parola riforma, e che essa non è un “imbiancare un po’ le cose” si è spinto a raccomandare che, accanto all’intelligenza e alla mitezza, per ottenere che vada in porto, occorre perfino un «po’ di violenza», naturalmente di «buona violenza».

Il Papa per primo è consapevole che tutto il campo è disseminato da elementi di svolta: a cominciare dalle modalità della riforma in sé, visto che nel passato, dal Concilio in poi, la struttura della comunicazione vaticana si è delineata in maniera progressiva, attraverso i mezzi che via via venivano a completarla. E non a caso l’ultima realizzazione dell’assetto tradizionale è stato il Centro televisivo, ora al centro della nuova fase e non solo per il ruolo di guida a tutto il sistema del suo ultimo direttore pre-riforma, il prefetto Dario Viganò. Nella nuova forma che si delinea sarà interessante vedere come e in che modo la comunicazione vaticana saprà rapportarsi ai media esterni, ai quali essa, e più in generale tutto il mondo della Chiesa si è sempre rivolta anche come diffusori, a loro volta, del messaggio intra-ecclesiale.

Appare evidente che in maniera molto più marcata, la nuova modalità comunicativa pone l’accento sulla Chiesa come soggetto della comunicazione, fino al punto da costituirsi, in un certo senso, come “centro di produzione multimediale” di tutti gli aspetti informativi della Santa Sede. Lo strumento, anzi, la forma è già in allestimento: il portale unico che già dal prossimo anno è chiamato a diventare parola, volto, voce e suono della nuova comunicazione vaticana.

Le sfide davanti a questo nuovo corso sono davvero tante e lasciano intravedere una diversa fase del dopo-Concilio: una sorta di età adulta da affrontare con gli occhi aperti e attenti al nuovo, ma con il cuore antico di chi, tanto più nella ricerca e nell’aggiornamento dei mezzi, non perde di vista il primato del messaggio. «Il criterio guida sia quello apostolico, missionario, con una speciale attenzione alle situazioni di disagio, di povertà, di difficoltà»: parole di Francesco ai “suoi” comunicatori. Ma “fatti” già concreti del suo pontificato.

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